Sono certo che a molti farebbe comodo una intera campagna elettorale come quella vista in questi giorni, combattuta a suon di telefonate e occhiolini rassicuranti, senza nessun dibattito politico reale. È in questo clima di finzione che slogan come “il coraggio di cambiare” possono passare inosservati.
Ammetto che da parte di Giuseppe Graziano, candidato del centrodestra al posto di Caputo, mi sarei aspettato però un minimo di assunzione di responsabilità piuttosto dell’ormai classico copione di quello “nato ieri” sceso in campo per salvare la patria.
Ed allora, per completezza di informazione, provo ad andare dietro le quinte di questo esilarante spettacolo. Graziano, piuttosto, “nasce” almeno nel 2005 con l’elezione di Loiero a governatore e soprattutto con la nomina di Diego Tommasi ad Assessore Regionale all’ambiente. Il destino di Tommasi e quello di Graziano, da quel momento in poi, si incroceranno di continuo e la carriera di quest’ultimo, a quel punto, impennò vertiginosamente.
Un mese dopo viene assunto come dirigente esterno della Regione e dopo un mese ancora, nel Luglio 2005, è già promosso Dirigente Generale vicario del Dipartimento Ambiente della Regione, praticamente direttore generale. A settembre viene nominato contemporaneamente direttore del Parco del Pollino, a Dicembre è presidente del “Nucleo Via”, l’organo tecnico che autorizza impianti e discariche, a Gennaio del 2006 diventa Colonnello del Corpo Forestale.
Nel giro di un anno Graziano diventa la massima autorità amministrativa in tema di ambiente, rifiuti, depurazione, dissesto idrogeologico, energia, un ruolo che ha rivestito per sei lunghissimi anni. Con quali risultati? Un disastro epocale da cui la Calabria stenta ad uscire, dalle discariche che franano ai depuratori che affogano eccetera eccetera eccetera.
Qualcuno, dopo qualche anno, ha notato che uno stesso soggetto non poteva essere contemporaneamente in aspettativa nella forestale, dirigente regionale (con numerosi incarichi) e direttore del Parco, percependo praticamente gli stipendi pubblici di una ventina di operai, così la Corte dei Conti di Potenza, nel 2011, lo ha condannato a restituire 20 mila euro alle casse pubbliche. E se è vero che ci vuole il coraggio di cambiare, questo non c’è stato: nel Giugno 2014, cioè tre anni dopo, il Ministero ha scoperto una serie di mega-stipendi illegittimi della Regione Calabria tra i quali quello di Graziano, il quale dovrà restituire il malloppo insieme a molti suoi colleghi.
Ma la scalata del Colonnello non finì lì. All’epoca un solo ente era importante quanto il Dipartimento Ambiente di cui Graziano era dirigente: il famigerato ufficio del Commissariamento all’Emergenza Ambientale, l’ente che è riuscito a spendere 2 miliardi di euro in 15 anni senza nessuna spiegazione. A dividere le stanze del Commissario e quelle del Dipartimento c’era soltanto una porta di legno: in 50 metri quadrati sedevano il commissario ed il dirigente vicario che era contemporaneamente il direttore nel nucleo Via ed il valutatore dei dirigenti provinciali Arpacal, cioè si decideva vita morte e miracoli del ciclo dei rifiuti della Calabria.
Ricordo a me stesso che secondo la Commissione Parlamentare d’Inchiesta retta dall’avv. Pecorella (PDL) il ciclo dei rifiuti calabrese era gestito da un “sistema di potere non estraneo ad interessi politico-malavitosi”, seppure all’epoca nessuno si accorse di nulla.
Allora qualcuno avrà pensato: “una porta divisoria è un po’ troppo”, così nel novembre 2006 Graziano è stato nominato sub-commissario all’emergenza ambientale. Non so se è chiaro: se esiste un commissariamento per i rifiuti è perché assessorato e dipartimento, secondo il governo, non sono in grado di gestire il settore.
Nominare il dirigente vicario come sub-commissario è stato un po come se i servizi sociali togliessero dei bambini ai propri genitori e poi glieli riaffidassero dicendogli “bravi, continuate così”.
Una stortura che non passò inosservata ad un servitore dello Stato come il Prefetto Ruggieri, nominato Commissario anche egli a Novembre 2006, il quale definì quella nomina inopportuna aggiungendo “non si capisce quando lo stesso soggetto parla da sub-commissario o da direttore generale del dipartimento”. E chi lo capirebbe? Il prefetto Ruggieri fu uno dei pochi commissari che, piuttosto di assumere amici e parenti, fece degli allontanamenti a persone, secondo lui, assunte illegittimamente. Il premio? Dopo 4 mesi venne sollevato dall’incarico mentre Graziano restò lì.
Non solo: in audizione presso la commissione d’inchiesta il Commissario ha vantato un solo risultato: “abbiamo aperto la discarica di Rossano”, risultato conseguito con un rossanese che era sub-commissario, dirigente vicario e presidente del nucleo via. Ovviamente, da rossanese, nulla da rimproverargli, evidentemente era tutto in regola. Non solo. Quando il Comune di Rossano e la Regione Calabria (entrambi di centrosinistra) firmarono il famoso protocollo d’intesa che ha permesso di scaricare nella discarica di Rossano i rifiuti dell’intera regione, lo stesso protocollo che Forza Italia ha criticato ferocemente e continua giustamente a criticare, Graziano era ancora il massimo dirigente del dipartimento, ma anche in questo caso, di certo, si sarà accertato che fosse tutto a posto. Quella discarica è tutt’ora sotto sequestro per disastro ambientale mentre i dirigenti di Forza Italia soffrono di gravi amnesie.
Dopo pochi anni, infatti, un cambiamento c’è stato davvero: a pochi mesi dalle elezioni regionali sia Diego Tommasi che Giuseppe Graziano hanno aderito a Forza Italia, quest’ultimo candidandosi persino a consigliere regionale. E proprio nel corso di questa radiosa campagna elettorale sono stati entrambi appassionatamente rinviati a giudizio per l’inchiesta sugli incarichi nell’Arpacal, cioè l’agenzia di protezione ambientale che dovrebbe vigilare, ovviamente, su discariche, impianti, depuratori eccetera.
Dopo tutto questo, leggere un messaggio elettorale in cui si parla di cambiamento, devo ammettere, è comico. Io sono d’accordo con Graziano, ci vuole il coraggio di cambiare davvero, magari a partire proprio da lui.
Flavio Stasi