Come sempre l’emergenza rifiuti in Calabria è un mistero. Non è mai ben chiaro quando inizia e quando finisce, ma sopratutto perché. A volte si dice sia a causa delle masse turistiche (qualcuno le ha viste?) altre volte invece basta un bullone.
La verità è che dietro il ciclo dei rifiuti, ormai da decenni a questa parte, non esiste un’idea di servizio pubblico: tutto è in mano alla speculazione. Un business che vale miliardi di euro e che spesso, documenta la commissione parlamentare d’inchiesta, è in mano alle cosche criminali.
Veolia, multinazionale francese che oltre ad essere proprietaria della nostra acqua gestisce gli impianti di trattamento dei rifiuti del comprensorio denominato “Calabria Sud”, l’11 Novembre lascerà la nostra terra lasciandoci anni di schifezze ed inefficienze e portando con se 41 milioni di euro di soldi nostri grazie alla inadeguatezza di questa classe dirigente regionale. L’11 Novembre, dunque, quegli impianti torneranno in mano al “sistema di potere non estraneo ad interessi politico-malavitosi” che è il Commissariamento all’Emergenza Ambientale.
Siamo certi che su quegli impianti si vogliano perpetrare altre beffe e disastri ai danni dei cittadini, siamo certi che si vogliano usare quegli impianti ancora una volta per speculare senza offrire il minimo servizio alle comunità, siamo certi che tutta la melma finanziaria già evidenziata da numerosi documenti ufficiali si stia già riversando su queste risorse.
Noi crediamo che l’addio della zavorra Veolia, invece, possa essere una occasione per iniziare a costruire un sistema per i rifiuti pubblico e partecipato, partendo proprio dagli impianti di trattamento che oggi sono a Rossano, Crotone, Siderno, Gioia Tauro e Reggio Calabria.
Ci appelliamo a tutti i sindaci dei circondari intorno a questi siti affinché si adoperino per ottenere la gestione comune di quegli impianti, iniziando a programmare l’attività di un ciclo dei rifiuti virtuoso finalizzato al riciclo ed al riutilizzo. Questo permetterebbe di impedire l’affidamento di quegli impianti ai soliti speculatori, ed inoltre creerebbe le condizioni per iniziare a mettere sotto il controllo dei cittadini, attraverso meccanismi di partecipazione attiva, questo mostro enorme che è il nostro ciclo dei rifiuti.
I risultati che potremmo cominciare ad ottenere non sono solo sanitari, ma anche economici: un ciclo dei rifiuti che funziona crea posti di lavoro e permette una diminuzione delle imposte, oltre a non ostacolare altri settori importanti come l’agricoltura ed il turismo. Vent’anni di speculazioni private e quindici anni di poteri speciali ci sono bastati. Questo è il momento di voltare pagina.
Rete per la difesa del Territorio “Franco Nisticò”