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La crisi ed il fallimento di un’idea.

La nostra classe politica è perfetta.

di Flavio Stasi

Commento pubblicato sulle pagine regionali de Il quotidiano della Calabria, il 19 Dicembre 2011.

Per gli italiani, ed in particolar modo per i calabresi, quello alle porte non sarà un Natale come tutti gli altri. La classe politica non rinuncerà alla settimana bianca o alla permanenza nella terza o quarta casa, godendo come tutti gli anni dello squallido consumismo tipico delle festività dicembrine, accompagnata da banchieri, manager e proprietari di grandi aziende. Sotto gli alberi del Popolo, invece, i “regali” quest’anno sono già abbondanti settimane prima della “vigilia”, e puzzano di un tanfo che investe stanze, case, umori e menti. Tanfo di inutili sacrifici e violente, cruenti ingiustizie.

La crisi non ha affatto cambiato le cose dunque, né ha provocato fantomatiche svolte.

Ha offerto invece, ad una cricca di quadrupedi in abito Versace, la possibilità di accelerare bruscamente un processo costruito ed alimentato trasversalmente per decenni. L’unico vantaggio che ne deriva per le masse è che mai come oggi i simboli di questo sfacelo sono stati tanto limpidi.

Il più chiaro e pregno di significati è il tabellone dei prezzi esposto alle stazioni di carburanti, manovrato da lontano come una macchina terrificante con due cabine di comando. Da una parte le multinazionali del petrolio, i cui Consigli d’Amministrazione sono i veri governanti del pianeta: decidono il costo della nostra vita giocando con l’inflazione come un gatto col gomitolo di lana, ed allo stesso tempo decidono il prezzo della morte, determinando il 90% dei conflitti bellici mondiali.

Dall’altra parte la nostra classe politica. Scimmiottando il modello americano e ciarlando a proposito di privatizzazioni, liberalizzazioni e abolizione delle accise, onorevoli e ministri sono riusciti in qualche decennio a svendere le aziende di Stato regalando miliardi di profitti a qualche amichetto già miliardario e, al momento opportuno, aumentare le accise. In parole povere, i cittadini pagano di più per avere molto molto di meno. Continue reading


L’Università stuprata dalle regole

Contributo comparso sulle pagine regionali de “il Quotidiano della Calabria”, 14 Agosto 2011

Titolo: Il triste finale di una lunga storia

di Flavio Stasi

Bocce ferme, l’Unical torna deserta: nè studenti, nè ruspe, nè rettore, nè poliziotti in antisommossa. Resta lì, inerme ed immobile la nostra Università, rifiatando con gli occhi sbarrati al termine dello stupro. Rimarrà così fino a che, a Settembre, l’energia viva dei ragazzi calabresi le porgeranno il braccio, e si risolleverà ancora più pesante, storpia, sfigurata di prima.

Avremo ancora meno spazi da vivere, ancora più risorse sotto il controllo di un potere asfissiante, ma soprattutto ancora meno ostacoli sul cammino di un’idea che, ormai è chiaro, è clamorosamente sbagliata. Ecco il risultato reale degli sgomberi e tentativi di sgombero messi in atto ad Agosto: ancora più legittimità alla logica che sta facendo letteralmente crollare l’intera nazione, da ogni punto di vista: culturale, sociale, finanziario, persino morale.

Il Paese è in mano a uomini (e sono uomini, alla faccia delle pari opportunità di facciata) la cui incapacità è pari soltanto alla loro faccia tosta nel non tirarsi indietro. Le nostre Università sono in mano a tecnocrati che dovremmo prendere a calci nel sedere e tenere lontano da ogni ateneo, che del concetto di Università hanno fatto man bassa, che ci lasciano in eredità i loro conti a posto ed i loro deserti sterminati di ignoranza ed omologazione. Continue reading


Indimenticabile 3 Agosto

Fausto Bossi, Marco Reguzzoni e le miss padania

di Flavio Stasi

Dopo quindici anni di disastri, interrotti solo da goffe comparse di ex-qualcosa riadattate ad improbabili liberisti (soprannominati “centrosinistra”), il Premier decide di parlare al paese che lo ha eletto (in preda, evidentemente, ad una perdurante follia collettiva) in un momento drammatico. Il Paese è in preda alla voracità dei mercati, e questa rappresenta una delle rare occasioni in cui Camera e Senato ospitano il Governo ed il suo capo. Più che un dibattito parlamentare è una caotica ostentazione di incapacità e di squallido opportunismo.

Nonostante tutto, nonostante l’attenzione di tutto il mondo occidentale addosso, il Premier, in mezz’ora, è in grado di non dire praticamente nulla. O meglio, in una sequela di barzellette e propaganda, prepara gli italiani ad altre, enormi e dolorose supposte: liberalizzazioni, privatizzazioni e la “riforma” dello Statuto dei Lavoratori. Avete capito bene: per uscire dalla crisi bisogna eliminare garanzie del mondo del lavoro, ovvero di quella povera gente che fino ad ora ha pagato e ripagato e ripagato. E già. È chiaro che i diritti di uomini e donne che fanno andare avanti il Paese col proprio sudore, sono un ostacolo alla crescita. Il PDL in stato confusionale inizia così una giornata che rispecchia in pieno la sua storia: una lunga sfilza di contraddizioni politiche e squallore, sempre finalizzate al sangue della povera gente. Continue reading