di Flavio Stasi
Dopo quindici anni di disastri, interrotti solo da goffe comparse di ex-qualcosa riadattate ad improbabili liberisti (soprannominati “centrosinistra”), il Premier decide di parlare al paese che lo ha eletto (in preda, evidentemente, ad una perdurante follia collettiva) in un momento drammatico. Il Paese è in preda alla voracità dei mercati, e questa rappresenta una delle rare occasioni in cui Camera e Senato ospitano il Governo ed il suo capo. Più che un dibattito parlamentare è una caotica ostentazione di incapacità e di squallido opportunismo.
Nonostante tutto, nonostante l’attenzione di tutto il mondo occidentale addosso, il Premier, in mezz’ora, è in grado di non dire praticamente nulla. O meglio, in una sequela di barzellette e propaganda, prepara gli italiani ad altre, enormi e dolorose supposte: liberalizzazioni, privatizzazioni e la “riforma” dello Statuto dei Lavoratori. Avete capito bene: per uscire dalla crisi bisogna eliminare garanzie del mondo del lavoro, ovvero di quella povera gente che fino ad ora ha pagato e ripagato e ripagato. E già. È chiaro che i diritti di uomini e donne che fanno andare avanti il Paese col proprio sudore, sono un ostacolo alla crescita. Il PDL in stato confusionale inizia così una giornata che rispecchia in pieno la sua storia: una lunga sfilza di contraddizioni politiche e squallore, sempre finalizzate al sangue della povera gente. Continue reading