Contributo comparso sulle pagine regionali de Il Quotidiano della Calabria, 9 Agosto 2011
Titolo originale: Gli sgomberi di Latorre prima delle stangate
di Flavio Stasi
Libero Teatro, Filorosso, Assalto, Laboratorio Politico Aula P2. Ne siamo consapevoli: quello che sta accadendo all’Unical non è frutto del caso.
I mercati ancora non reagiscono alle promesse di BCE e G7, e se indici e borse non sono certo il pane quotidiano di ragazzi e lavoratori calabresi, purtroppo questo non basta ad esorcizzarne gli effetti. Se il crollo non verrà fermato, infatti, la crisi si trasformerà in una violenta depressione, ovvero in aumento della disoccupazione e tagli allo stato sociale.
Se i dati sulla disoccupazione in Italia sono già oggi drammatici, al sud sono terrificanti. Svimez sostiene che 2 giovani su 3 sono “a spasso”, nonostante si tratti di dati falsati (senza alcuna colpa dell’istituto): tra quelli considerati “non disoccupati” infatti, bisogna considerare i precari, ovvero quelli che in un anno lavorano 6 mesi, 3 mesi, addirittura 1 mese, senza diritti o quasi.
Sui tagli allo stato sociale, poi, si tratta semplicemente di finire il lavoro con sanità, pensioni, ammortizzatori sociali, scuola, università, trasporti e diritti: non è un caso che, in piena crisi, Governo, industriali e sindacati compiacenti abbiano puntato il dito contro lo Statuto dei Lavoratori. Gli italiani dunque subiranno nuove pesanti stangate, come se fino ad ora se la fossero passata bene: sono tante le famiglie che arrivano a malapena a fine mese.
Se si da uno sguardo specifico all’Università, poi, si deve considerare che la legge 133 del 2008, quella contro cui si scagliarono gli studenti tre anni fa (proprio da quel movimento nasce l’occupazione dell’Aula P2), prevede già tagli alle università pubbliche per 316 milioni di euro nel 2011 e 417 milioni di euro nel il 2012: significa ridurre gli atenei alla fame.
Non siamo di fronte ad un periodo di semplice austerità, ma di barbarie. Per governi e potentati, infatti, non importa chi fino ad oggi ha speculato sui mercati, chi ha incassato milioni di euro di profitti, né si mette in discussione il sistema per cui Microsoft delinque perché se lo può permettere, Wall Street cala e l’operaio di un borgo di campagna calabrese perde il posto di lavoro (sic!). A pagare saranno i cittadini delle classi più povere, e giacché economicamente non hanno più soldi con cui pagare, dovranno farlo coi diritti e con la dignità.
Per rifilare tutto questo bisogna minimizzare i conflitti sociali, limitare l’influenza di chi non crede che il mercato sia come la “provvidenza”, annullare e criminalizzare ogni forma di dissenso, scompaginare e frammentare ulteriormente la società civile. A partire ovviamente da chi, che saremmo arrivati a questo punto, lo dice da anni ed ha riempito le strade e le piazze con contenuti e parole, evidentemente, di scomoda verità politica.
Ecco spiegata l’ondata di repressione estiva che attraversa tutta l’Italia.
All’Unical viviamo la riedizione grottesca di questo spettacolo. Al premier che passa il 90% del suo tempo a produrre leggi che evitino i suoi tanti processi, noi rispondiamo col professore che per farsi tre mandati consecutivi da rettore modifica lo statuto dell’Ateneo. Ma mentre il primo, almeno, è in guerra aperta con la magistratura, il secondo non fa altro che invocare la legalità. Ci credo, se le leggi le facessi io sarebbe molto più facile rispettarle e predicare. Le ruspe abbattono dei capannoni in un’azione paramilitare, per poi rendersi conto che la lana di vetro diffusa nell’aria è nociva. E ancora, l’amministrazione manda degli inconsapevoli operai a sgomberare le aule auto-gestite per poi ripiegare goffamente: “era solo ordinaria manutenzione”. Addirittura una nota del Rettore giustifica i cambi di serratura con “la mancanza di riferimenti per le chiavi”, senza sapere (o fingendo di non sapere) che l’Aula P2 è stata concessa dalla Facoltà di Ingegneria, e che le chiavi non sono mai state cambiate e sono quindi a disposizione dei SUOI uffici.
Il Rettore dell’Unical ha fatto parte di un gruppo di Magnifici (AQUIS) che durante il periodo di protesta contro i tagli del 2008 ha spaccato la Conferenza dei Rettori favorendo il Governo. Anche per quanto riguarda la “riforma Gelmini”, aldilà di una debole contrarietà di facciata, il Rettore ha di fatto osteggiato ogni forma di protesta, e non potrebbe fare altrimenti: il DDL aumenta i poteri dei vertici degli Atenei, e lui, vertice cristallizzato dell’Unical, non poteva che essere d’accordo.
Peccato che la pretestuosa giustificazione del Governo per colpire le Università Pubbliche sia da sempre quella degli sprechi: nel caso in cui il tandem Gelmini-Tremonti avesse ragione, allora chi è stato Rettore per 12 anni, non ha sprecato nulla?
Sarebbe il caso che gli spreconi confessi si dimettessero, ma all’Unical accade come nella miriade di strutture a partecipazione pubblica. Usate prima come bacino di voti e finanziamenti da parte di chi occupa posti di potere nelle istituzioni, queste vengono successivamente etichettate come “troppo costose” proprio da chi quegli sprechi li ha compiuti e commissionati. A questo punto si nominano commissari e liquidatori, e chi li nomina? Sempre loro, e se non trovano nessuno, si auto-nominano.
Così il Rettore è colui che cambia le regole e poi ne garantisce il rispetto, che spreca e colpisce gli sprechi, il nostro amministratore, il nostro commissario, il nostro liquidatore.
Ed in vista della liquidazione definitiva dello stato di diritto, il quale non può prescindere dallo stato sociale, che questo Agosto di ruspe e carabinieri tra le aule si comprende meglio: si tratta del preambolo di un autunno critico e difficile. Non per capriccio di qualche studente (ahinoi) ma per la situazione drammatica che si sta configurando per le scelte economiche e sociali di una classe dirigente indecente, dai Governi alle Università. Molti si appellano alla responsabilità, auspicando pace sociale e dialogo. Sarebbe molto più facile se piuttosto che liquidare i diritti della popolazione si liquidassero modelli ed individui responsabili di questo sfacelo, a partire dalla nostra Università.