Rossano e la Calabria non hanno bisogno di centrali a carbone, ma di un piano di sviluppo che rilanci l’economia sulle basi dei bisogni della gente, e non sugli interessi di speculatori energetici.
Il carbone pulito non esiste, come dimostrato dai dati epidemiologici in Liguria, dai registri istituzionali europei a Brindisi, dalle sentenze delle procure di mezza Italia e dagli scandali che ruotano intorno ad Enel ed alle sue speculazioni, per esempio a Porto Tolle.
Ma non solo: il carbone distrugge il tessuto economico di un territorio. Le conferme sono nel crollo del valore e della commerciabilità dei prodotti tipici delle zone dove si impianta una centrale a carbone. Le testimonianze dei produttori di Brindisi, ridotti alla fame dalle centrale di Cerano dopo essere stati estromessi dai circuiti nazionali e degli agricoltori dell’alto Lazio, i quali si sono uniti in un comitato di lotta contro la centrale a carbone, sono solo la punta dell’iceberg di un disastro che Rossano e la Sibaritide non subiranno.
Ridicola l’idea che un parco naturale trasformi fabbriche di veleni in fabbriche di benessere: proprio la Regione Calabria è protagonista di una emblematica vicenda scandalosa, ovvero l’approvazione per la costruzione di una centrale ingannevolmente chiamata a biomasse nel bel mezzo del Parco Naturale del Pollino.
I nostrani faccendieri di Enel, specie di schiatta sindacale, pensino ai diritti dei lavoratori che stanno svendendo ed all’economia del territorio piuttosto che a solleticare i propri padroni e speculare sul bisogno di lavoro, come fanno da anni in tutta Italia.
Flavio Stasi
per la Rete di Difesa Territoriale “Franco Nisticò”