Sono ormai anni che il disgusto nei confronti delle ingiustizie e degli scempi perpetrati sul nostro territorio ci ha spinto ad interessarci di rifiuti con molta attenzione, eppure è la prima volta che abbiamo il piacere di leggere un intervento di Maria Josè Caligiuri al riguardo, nonostante il disastro fosse evidente già da anni. Intervento, per altro, con proposte precise.
Ovviamente si tratta di un segnale positivo: dimostra che il dibattito proposto dai comitati territoriali ha imposto l’argomento della gestione dei rifiuti e del commissariamento, oltre a controprovare il fallimento decennale delle istituzioni regionali.
Nel merito, tuttavia, alcune delle informazioni proposte meritano qualche approfondimento, se non qualche secca smentita.
Non credo che i sindaci abbiano bisogno di avvocati difensori, e chi si scontra quotidianamente con la sordità istituzionale sarebbe la persona meno indicata per farlo, ma definire un flop una manifestazione istituzionale partecipata da tutti i sindaci del basso ionio, ovvero dal 100% dei convocati, lo trovo inopportuno.
Si fa evidentemente confusione tra una manifestazione istituzionale ed una manifestazione popolare, per esempio come quella del 16 Giugno 2012 a Cariati o come quella di Crotone il 12 Novembre 2011, entrambe organizzate e finanziate esclusivamente dai comitati, partecipatissime e basate su parole d’ordine significative: fine del commissariamento e fine della speculazione privata sui rifiuti.
Il recente corteo pacifico dei Sindaci sulla statale 106 è stato un successo proprio perché, per la prima volta, ha unito le istituzioni locali del territorio su parole d’ordine chiare (fine del commissariamento e fine della speculazione privata sui rifiuti) nonostante le forti pressioni dei poteri forti e degli speculatori che spesso tengono sotto scacco interi comuni.
Intendiamoci: questo non esime da responsabilità i Sindaci stessi, né implica che questa unità e chiarezza dei contenuti sia solida e permanente, tutt’altro. Ma dal momento che i comitati territoriali non sono quelli del “no a tutti i costi” riteniamo quanto accaduto comunque positivo.
Assodato questo, affrontiamo un problema di ordine diverso e molto più profondo. Sull’inceneritore, infatti, il dirigente provinciale del PDL dimostra, come molti dei suoi colleghi anche di altri partiti, poca competenza.
Un inceneritore nella Sibaritide serve come uno spremi-agrumi nel deserto.
Senza elencare le enormi conseguenze sanitarie dell’incenerimento, senza affermare una ovvietà, ovvero che la raccolta differenziata finalizzata al riciclo ed al riutilizzo rende inutile l’incenerimento intensivo creando qualche centinaia di posti di lavoro in più, ci limitiamo allo stato attuale delle cose ed alla pura gestione dell’emergenza.
L’inceneritore di Gioia Tauro, l’unico della Calabria, impianto pubblico gestito da privati recentemente raddoppiato, ad oggi è costretto a bruciare rifiuti provenienti da altre regioni. Perché?
Semplice, perché i rifiuti non vanno dal cassonetto all’inceneritore. Quello che viene bruciato (CDR) è il risultato di un trattamento che dovrebbe essere fatto in altri quattro impianti di trattamento, sempre pubblici gestiti da privati, come quello di Bucita (Rossano) o Ponticelli (Crotone). Questi impianti da anni non funzionano, non producendo né combustibile di qualità né compost utilizzabile in agricoltura, seppure i comuni continuano a pagare le aziende che li gestiscono come se lo facessero. Il risultato del trattamento di questi impianti, oggi, finisce in discariche, ovviamente private, le quali vengono a loro volta pagate coi soldi dei cittadini. Fine della storia.
E se gli impianti funzionassero alla perfezione, nella malaugurata ipotesi che la differenziata restasse alle percentuali attuali, avremmo abbastanza combustibile per far funzionare un altro inceneritore? No, l’inceneritore di Gioia Tauro raddoppiato assorbirebbe tutto il combustibile. Fine della storia due volte.
Detto questo è bene precisare che ogni inceneritore di per se è un tassello di un sistema di rifiuti non virtuoso, in quanto implica che i rifiuti vadano distrutti e non riutilizzati e riciclati.
Quella della raccolta differenziata spinta finalizzata al riciclo ed al riutilizzo è l’unica strategia razionale per gestire i rifiuti, e non una soluzione, in quanto i rifiuti non sono un problema. L’unico problema è una classe dirigente troppo spesso disinformata.
Aldilà delle correzioni doverose e dalla durezza dei toni imposta dalla gravità della situazione, è un invito al confronto per il quale i comitati territoriali non si sono mai sottratti.
Flavio Stasi
Rete per la Difesa del Territorio “Franco Nisticò”