Balza sulle prime pagine dei giornali regionali, e persino sui quotidiani nazionali, la notizia delle presunte correlazioni tra il progetto della centrale a carbone di Saline Joniche (RC) e le cosche ndranghetiste del reggino, in particolare la cosca dei Iamonte di Melito Porto Salvo. L’inchiesta condotta dalla DDA di Reggio Calabria e diretta dalla Procura della Repubblica ha portato alla custodia cautelare di 65 persone, tra cui anche esponenti istituzionali, ed ha riguardato tutta l’attività delle cosche, dal traffico di stupefacenti agli appalti. Io sono garantista, non credo nella gogna mediatica ma in una forma di giustizia alta, altra, sociale, e per questo non ritengo che gli indagati siano colpevoli.
Allo stesso tempo però ho abbastanza rispetto per la mia intelligenza e per quella della mia gente per constatare dei dati di fatto: dietro le torri di babele industriali lasciateci dal Pacchetto Colombo (Centrale Enel di Rossano e liquichimica di Saline per esempio) non ci sono di certo “errori di valutazione”, così come non sono stati problemi tecnici quelli dell’Autostrada Salerno – Reggio Calabria, o come non sono delle semplici sviste quelle che causano i copiosi disastri ambientali e le truffe miliardarie intorno ai rifiuti solidi urbani. Ed il business delle centrali a carbone rispecchia tutte le caratteristiche di queste note vicende: giro di soldi enorme ; profitti stratosferici nelle mani di pochi ; aziende nascoste come tra le scatole cinesi ; l’auspicio, forse il disperato bisogno, di incorrere in organi di controllo “distratti” ; una quantità impressionante di costi pagati dalla collettività, in termini economici, di salute, ambientali.
Fatto, ed anche detto, ormai un anno e mezzo fa.
L’unica cosa pulita del carbone è la coscienza di chi lo combatte.
Giacchè ci sono, mi chiedo se per conoscere cosa si cela dietro il ciclo dei rifiuti calabrese dovremo aspettare i libri di storia dei nostri pro-nipoti, visto che sembra non interessarsene nessuno; visto che per scoprire i disastri ambientali bisogna bloccare le strade e trascinare gli inquirenti a due metri dai reati (anche se non sempre è sufficiente); visto che le procure sembrano più impegnate a perseguitare chi ama il proprio territorio ed osa rivendicare dignità, per esempio per la ferrovia, piuttosto che a perseguitare chi lo distrugge alzandoci un bel po’ di soldi. Chissà.