Intervento pubblicato sulla rubrica regionale “il Chiosco” del quotidiano Calabria Ora.
Le menomazioni infrastrutturali delle regioni Calabria e Sicilia continuano ad aumentare la forbice economica e sociale tra mezzogiorno e resto del paese. L’abolizione della tratta ferroviaria Lamezia-Roma e una linea ionica sostanzialmente morta hanno stimolato le coscienze persino di quei sostenitori del “mostro sullo stretto” che fino a ieri si limitavano a fantasticare sulle fiabesche meraviglie del ponte e ad insultare il movimento popolare che lo contrasterà ancora a lungo.
Comprendiamo la premura: più tempo passa, più il mezzogiorno d’Italia risponde al progetto di potentati “centrali” politici ed industriali, che lo configurano come la discarica d’Europa, il terzo mondo d’occidente. Ferrovie, strade, ospedali, scuole, porti, centrali, discariche: tutti spunti di un affresco che intravediamo e denunciamo da anni.
Più tempo passa, quindi, più il ponte si palesa come l’epocale cattedrale nel deserto, il big bang affaristico di faccendieri e ‘ndrine, il titanic di cemento. In pratica più tempo passa e più diventa evidente quanto sia inutile un ponte tra Calabria e Sicilia e quanto siano “illogici” gli investimenti in questa non-opera.
Parlare di attese ai porti di Gioia Tauro e Messina quando in Calabria si chiudono scuole ed ospedali è comico.
Parlare di corridoio Berlino-Palermo quando i pendolari avrebbero bisogno di un elicottero per Rogliano-Falerna, o per Reggio Calabria-Pizzo, o per Rocca imperiale-Crotone o per altre decine di tratti fa addirittura tenerezza.
Qualcuno spieghi ai cittadini che in questi mesi si stanno vedendo chiudere gli “ospedali sotto casa”, come li chiama qualcuno, perché i soldi dello stato stanno andando al ponte e non agli ospedali. Qualcuno spieghi ai ragazzi con zaino in spalle sugli autobus delle cinque del mattino perché i soldi che potevano mantenere aperta la “scuola sotto casa” sono andati alla cordata Impregilo. Ai cittadini più attenti qualcuno spieghi come mai RFI mentre stacca il sud dal resto d’Italia, mentre abolisce i traghetti pubblici, finanzia il progetto del ponte con i soldi nostri, e si impegna a pagare un affitto faraonico per utilizzarlo, che serva o meno. Sulle strade non c’è bisogno di alcuna spiegazione: basta abitare in Calabria o Sicilia per sapere tutto, ma per i “nichilisti” ci sono anche sentenze ed inchieste giudiziarie da sfogliare.
Per quanto riguarda la mafia è necessario precisare che nessuno ha paventato la possibilità di infiltrazioni mafiose, questo sarebbe ipocrita oltre che volgare. Noi, come buona parte dei Calabresi e dei Siciliani, siamo assolutamente certi che non si possa fare un’opera di questo tipo senza la mafia. Non ci risulta che la ‘ndrangheta abbia preferenze sulle fonti dei finanziamenti da accaparrarsi: non disdegnerà né i soldi nazionali né quelli continentali, né i fondi pubblici né quelli privati. Chiediamo la cortesia, in un periodo di particolare ipocrisia mediatica sulle vicende di ‘ndrangheta, di evitare l’antimafia demagogica anche quando si parla di ponte: lo stato non ha nessuna possibilità di difendere i propri investimenti anche qualora ne avesse intenzione, poiché non offre ai cittadini onesti nessuno strumento per riprendere il controllo dei loro territori, anzi.
Siamo colpiti positivamente, invece, dall’attenzione alla salute ed all’inquinamento che anche i sostenitori del mostro sullo stretto, probabilmente convinti da una delle nostre battaglie lungo tutto il territorio regionale, manifestano. Tuttavia al mostrar della luna ci si avvede del dito che la indica: di tutti i veleni che sono costretti a respirare, mangiare, bere, circondarsi calabresi e siciliani, quello dei traghetti non è proprio il più grave, ma tutto sommato accettiamo la sfida.
Invitiamo i sostenitori del ponte ad una battaglia comune per l’investimento in traghetti di ultima generazione in grado di abbattere le emissioni inquinanti, nonché, soprattutto, per lo spostamento delle stazioni di approdo delle compagnie di traghettamento private fuori dai centri abitati. Infatti con l’inquinamento di Villa San Giovanni, per esempio, le ciminiere dei traghetti c’entrano ben poco: il traffico pesante del trasporto verso la Sicilia viene incanalato nel traffico urbano a causa della posizione delle stazioni d’imbarco che, a rigor di logica, dovrebbero essere lontane dal centro urbano e facilmente raggiungibili dalle principali arterie della regione.
Sul ponte, invece, non c’è compatibilità tra le favole dei sostenitori di un mostro finanziario-ambientale ed i bisogni di chi rivendica investimenti sulle vere priorità del mezzogiorno: strade, ferrovie, dissesto idrogeologico, scuola, sanità.
A proposito di dissesto idrogeologico: il prossimo 2 ottobre, ad un anno di distanza dalla tragedia di Giampilieri e Scaletta Zanclea, la frana che travolse interi quartieri, calabresi e siciliani si ritroveranno a Messina per una grande manifestazione popolare, l’ennesima, per lanciare sempre lo stesso messaggio. No al Ponte, si alle vere priorità.
Flavio Stasi