Il comitato d’affari dei rifiuti

Contributo pubblicato sulle pagine regionali de Il Quotidiano della Calabria, 9 Settembre 2011

La kermesse mediatica di queste settimane a proposito della “questione rifiuti” ci offre una eloquente immagine dei meccanismi e degli uomini che governano la nostra regione ormai da tempo immemore. E siamo tutti così spaventati dall’andamento di borsa, che è proprio la monnezza che straborda dai cassonetti di Corigliano Calabro, per esempio, che ci riporta alla realtà.

Ormai le discussioni, le quali non sono mai state granché veritiere, sono accademiche. L’attuale commissario, in carica da inizio anno, tempo addietro ha dichiarato di essere contrario lui stesso al regime commissariale, senza però aver mai dato l’impressione di avere l’intenzione di dimettersi dall’incarico. Un apparente dissidio interiore che sembra continuare: qualche giorno fa ha definito le discariche “un rimedio d’altri tempi” prima di annunciarne, sconsolato, la costruzione di altre tre. La politica, nel frattempo, discute rispetto al luogo dove si sarebbe dovuto costruire il secondo inceneritore. In pratica, mentre un manipolo di speculatori scava fosse e compra terreni dove ammassare rifiuti tal quali, governatori ed ex governatori, commissari, sub, ex, para ed anti commissari fanno accademia sui giornali, sperando che i calabresi abbocchino di nuovo.

Allora è meglio parlare di cose reali, di nomi, di cognomi e di soldi.

Partiamo dai soldi, proprio nel momento in cui si fa un gran sparlare di spesa pubblica, e diciamo subito che l’ufficio del commissario all’emergenza rifiuti in Calabria ha speso circa due miliardi di euro. Soldi nostri. Tanto per intenderci, il tanto discusso innalzamento dell’iva al 21% frutterebbe circa 4 miliardi alle casse dello stato nel 2012, tolti ovviamente dalle casse dei cittadini (pagando di più vino, caffè, televisori). Se si pensa che in Italia esistono uffici commissariali come quelli al “traffico di Messina”, oppure al “traffico sulla A3 nel tratto Bagnara – Scilla”, capiamo bene che forse ad aver sprecato i nostri soldi non sono stati i tanti lavoratori pubblici che oggi stanno per essere buttati per strada o i pensionati.

Tornando ai rifiuti calabresi, la proroga del regime commissariale è stata chiesta negli ultimi 14 anni da giunte e governatori regionali di centrosinistra e centrodestra: Nisticò (Forza Italia), Caligiuri (Forza Italia), Meduri (PPI – Ulivo), Chiaravalloti (Casa delle Libertà), Loiero (Unione), Scopelliti (PDL). Molti di questi presidenti sono stati a loro volta nominati commissari oppure hanno fatto nominare un uomo di fiducia: l’attuale commissario, per esempio, è stato assessore nella giunta comunale di Reggio Calabria all’epoca di Scopelliti. Insomma, si tratta di un’indecenza trasversale. Ci chiediamo: come mai il centrosinistra calabrese scopra solo oggi, dopo aver occupato le poltrone più alte di palazzo Alemanni per molto tempo, che il commissariamento è inutile? Cosa, peraltro, certamente vera: nonostante tanti soldi, nonostante la possibilità di agire in deroga alle norme di tutela ambientale per 14 anni, nonostante molte nuove discariche ed una densità (abitanti per chilometro) non esattamente proibitiva (altro che Napoli!), questi signori non solo non hanno risolto il problema rifiuti, ma lo hanno portato all’esasperazione.

Andando al dunque, in questi anni sono due le cose che in Calabria si sono riuscite a fare coi rifiuti.

La prima è consumare territorio, far soffrire la gente costretta ad ospitare le discariche (spesso non a norma ma tenute aperte solo per l’emergenza) e colpire l’economia della zona: scusate, ma i turisti che albergano e mangiano, magari in agriturismo, a pochi chilometri da un ammasso di monnezza sono davvero pochi. La seconda, il “motore”, è aver arricchito ‘ndranghetisti, compari, cugini, amici e qualche multinazionale. Ma davvero chi oggi disquisisce di polveri sottili e diossina, dimostrando peraltro imbarazzante ignoranza, non sa che il punto è proprio questo? C’era bisogno della commissione parlamentare d’inchiesta per capire che gli inceneritori e le discariche in Calabria non servono al ciclo dei rifiuti, ma al business bel oleato della criminalità organizzata e di chi la spalleggia? La ecomafia, secondo stime non aggiornate, fattura annualmente 10 miliardi di euro, e quella calabrese è seconda solo a quella campana.

Quelli delle conseguenze sulla salute di discariche ed inceneritori sono argomenti gravi ed importanti, eppure, da fermo oppositore, sono disposto ad abdicare. Non mi oppongo più se chi in questi anni ha intascato soldi nostri, li ha girati agli “amici” o semplicemente è stato incapace di amministrarli, lascia le poltrone e se ne torna a casa. Onorevoli, assessori, sindaci, presidenti, chi ci sta? Scommettiamo che senza bocche enormi e scalda-poltrone da sfamare, la Calabria è pronta ad avviare un ciclo dei rifiuti virtuoso?

Qualcuno potrebbe pensare che si tratta di una provocazione antipolitica, ma si sbaglia. Se la nostra classe politica e dirigente fosse disposta a mettersi in discussione, sarebbe una classe politica e dirigente. Invece chiedete ad un bambino di 14 anni e vi dirà, a parole sue, che si tratta in realtà di un comitato d’affari. Non è antipolitica, permettemi, è anti-comitato d’affari.

Flavio Stasi

Rete Difesa del Territorio “Franco Nisticò”

 


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