La confusione tende sempre a favorire chi ha torto, per cui cerchiamo di riportare un po’ di chiarezza. Innanzitutto la Calabria produce il doppio dell’energia che consuma, con 5229.2 GWh in esubero (dati Terna), quindi oltre a soddisfare il proprio fabbisogno contribuisce in maniera massiccia all’economia energetica nazionale. Con questo semplice dato decadono tutte le ragioni di chi crede che la Calabria sia in debito o che senza qualche centrale si torni alla candela.
Nonostante questo, Enel ed altri speculatori vorrebbero aprire nuove centrali o riconvertire vecchi rottami, come a Rossano, Laino Borgo, Saline Ioniche, Panettieri. Possibile che nessuno si chieda perché? La risposta è semplice: il sud deve essere la periferia industriale e la discarica del resto d’Italia e d’Europa. È paradossale il fatto che una terra caratterizzata da ettari ed ettari di parchi naturali e chilometri di spiagge debba basare il proprio sviluppo sulla produzione di energia elettrica destinata ai grandi consumi del resto d’Italia. È evidente che gli speculatori come Enel fanno la loro fortuna sull’incapacità della nostra classe dirigente ad immaginare uno sviluppo reale e favorire la valorizzazione delle nostre ricchezze naturali. Ecco perché sono anni che si aspetta il primo che capita, pronto ad investire due lire, per svendere la nostra terra, le nostre prospettive, la nostra salute.
Ma sugli investimenti si smetta di fare demagogia: i soldi che Enel investirebbe nel sito di Sant’Irene non sono di certo beneficenza, né sono finalizzati al nostro territorio. Enel è una S.P.A., ed in quanto tale tende a ottimizzare i costi e massimizzare i profitti. I soldi servono semplicemente per smantellare l’obbrobrio che ci ha piazzato sulla costa trent’anni fa e costruirne uno nuovo, e se si fanno bene i conti le cifre previste da Enel risultano piuttosto misere.
Quello che non accettiamo è la strumentalizzazione dei lavoratori e delle loro famiglie, i quali sarebbero i primi cittadini soggetti alla tossicità del carbone quindi, per quanto ci riguarda, i primi da difendere. Del resto sono decenni che alcuni sindacati non fanno altro che svendere le ragioni dei lavoratori, dalle vertenze nazionali fino alle piccole questioni locali, quindi non ci stupisce che oggi quegli stessi apparati di potere sventolino la bandiera del carbone. I lavoratori riflettano su questo e la smettano di farsi strumentalizzare dai soliti faccendieri che sperano di scatenare una guerra tra poveri per fare l’interesse dei colossi finanziari.
Enel si rassegni: questa terra non sarà più terra di conquista per i suoi profitti.
Flavio Stasi
Rete di Difesa Territoriale “Franco Nisticò”
Coordinamento Nazionale Contro il Carbone