Più fesserie che cantieri. Ma dove vive Tremonti?

Commento comparso tra le pagine regionali de Il quotidiano della Calabria, 24 febbraio 2011

TITOLO ORIGINALE: Più fesserie che cantieri. Il ministro venuto dalla luna.

Passato l’evento mediatico in cui si sono catapultati un po’ tutti, da consiglieri regionali di maggioranza ad onorevoli di centrosinistra, da sindaci ad intellettuali in odore di candidatura, giunge ora il momento, a nostro avviso, di trarre delle conclusioni politiche concrete, che non abbiamo soltanto il passeggero valore elettoralistico, dal tour di Tremonti al sud.

Intanto potremmo gongolar di gioia nell’apprendere che finalmente un ministro della repubblica, prescindendo dal suo schieramento politico, abbia deciso di verificare lo stato delle nostre infrastrutture per intensificare l’azione di governo in questa direzione. Se Tremonti fosse stato nominato ministro un anno fa, se questo governo fosse stato nominato un anno fa, ci sarebbe da ben sperare. Dichiarazioni come “da queste parti i treni sono più lenti dei moscerini” dimostrano anche una visione piuttosto critica, a nostro avviso reale, nei confronti dello stato di cose e della qualità dei servizi al sud. Il problema è che questo signore dall’aria severa è ministro dell’economia praticamente da 15 anni, ed ha maneggiato e dirottato miliardi di euro di soldi pubblici in tutte le direzioni tranne che per lo sviluppo del sud ed il miglioramento della qualità della nostra vita.

Apprezzando l’ingenuità con cui rilascia dichiarazioni, di ritorno a Roma, dopo chilometri di zig zag tra le corsie della Salerno – Reggio Calabria, sembrerebbe quasi che fino a questo momento il ministro abbia inconsapevolmente dormito, svegliandosi di soprassalto nel bel mezzo della carreggiata tra Lauria Nord e Lagonegro, sopra il segnale “limite massimo di velocità 40 kmh”.

E invece no.

In tutti questi anni il parsimonioso e sveglissimo Tremonti ha tagliato alla sanità, salvato banche trovando 40 miliardi in una notte, dirottato i fondi per le aree sottosviluppate, tagliato alle università, speso oltre 20 miliardi per aerei da guerra, fatto sparire i fondi delle ZFU (Crotone, Rossano, Lamezia Terme, Vibo Valentia), finanziato super costosi G8 in Sardegna per poi tenerli da un’altra parte: la lista di scelte antipopolari è lunghissima. Per non parlare del progetto, rispolverato di tanto in tanto, di istituire il pagamento del pedaggio proprio sulla A3.

Ma fra tutte, quella di foraggiare il mastodontico ponte sullo stretto è forse la scelta più ridicola.

Si sarà accorto, l’acuto ragioniere del berlusconismo, che se non si è dotati di un elicottero il ponte sullo stretto è un’opera assolutamente inutile? O meglio, inutile per tutti tranne per qualche colossale azienda divora-soldi-pubblici amica o amica degli amici.

In ogni caso, aspettando un’improbabile redenzione, il “progetto ponte” produce da anni i suoi devastanti effetti. Per indurre la gente dello stretto al “bisogno di ponte”, infatti, in questi anni si sono diminuite drasticamente le corse dei traghetti, aumentato il prezzo dei biglietti, tranciate le tratte ferroviarie a lunga percorrenza. Centinaia di posti lavoro sono andati perduti a causa del progressivo smantellamento del servizio trasporti pubblico direttamente collegato all’assurdo accordo raggiunto da RFI nell’affare ponte, con cui lo stato garantisce con i nostri i soldi circa un miliardo all’anno alla Stretto di Messina Spa. Posti di lavoro persi, appunto.

Non è un caso, infatti, che al seguito del caterpillar dello stato sociale si siano trovati i due fidi segretari generali, Bonanni e Angeletti, massime autorità dei sindacati con cui i governi della seconda repubblica hanno trovato un’intesa per lo smantellamento dello Statuto dei Lavoratori e per l’abolizione del Contratto Nazionale del Lavoro, due baluardi reali di democrazia, conquistati con lotte durissime dai nostri padri.

Strano che alla spedizione non abbia partecipato anche il neo-segretario Camusso, che con tanta passione sta evitando meticolosamente la convocazione di uno sciopero generale prolungato, richiesto a gran voce da mirafiori, dalle fabbriche, dai call center, dalla base del pubblico impiego, dalle università, dai movimenti territoriali di tutto il paese.

In tutto questo le reazioni dei vassalli nostrani del centro-sinistra, che nell’azione di governo, sia regionale che nazionale, hanno avallato e rafforzato, nei limiti della stabilità dei loro improbabili schieramenti, le stesse politiche economiche e sociali dei Berlusconi, dei Chiaravalloti, degli Scopelliti, lasciano il tempo che trovano.

Allo stesso tempo i rampolli del centro-destra che descrivono la venuta di Tremonti come il segnale di un cambio di direzione, dovuto alla sintonia tra governo regionale e nazionale, fanno finta di non sapere che la giunta Chiaravalloti governò sotto l’egida del secondo governo Berlusconi per circa 4 anni: forse anche gli onorevoli nostrani di oggi si sono svegliati da poco?

Quello delle infrastrutture è un settore fondamentale per lo sviluppo della nostra regione e dell’intero meridione, per auspicare un cambio di direzione reale economico e sociale. Ma la nostra gente non può affidarsi nuovamente a messia romani o ai loro apostoli nostrani. Solo la nostra determinazione fuori degli schieramenti di centrodestra e centrosinistra e dalle logiche elettoraliste, attraverso l’opposizione politica e sociale a questi governi (si pensi ai comitati popolari per la SS 106, ai movimenti in difesa dei territori, a tutte quelle soggettività sindacali che non accettano la concertazione al ribasso) potrebbe sancire un reale cambiamento. L’ennesima sfida per la Calabria. Saremo in grado di affrontarla?

Flavio Stasi


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