Si possono intaccare gli interessi di E.N.E.L. Spa?
La riconversione della centrale elettrica di Rossano è ancora al centro del dibattito politico. Nessuno lo dice, ma la scelta da fare è semplice: gli interessi della società energetica o le prospettive della città ionica.
tratto da La Comune, Gennaio 2010
95% carbone, 5% altre fonti. Questa l’innovativa proposta di E.N.E.L. per la “ristrutturazione” della centrale di contrada Sant’Irene, sulla spiaggia rossanese. Una vicenda ormai decennale, che sembra riemergere periodicamente con sfumature diverse, ma rievocando le stesse litanie di fondo sulla presunta necessità del nostro territorio di rinnovare, quindi riconvertire, la centrale elettrica.
Maggioranza o/e opposizione?
Il sindaco Filareto tratta: apre al dialogo con la società energetica, costruisce un tavolo tra le parti (città di Rossano, città di Corigliano Calabro, E.N.E.L., Sindacati) ma chiude le porte a questo tipo di proposta: «la domanda da porre all’Enel è: “Questa Centrale perché deve essere alimentata esclusivamente a carbone se fino ad oggi, e per lunghissimi periodi, è stata alimentata a gas?”». Del resto sarebbe paradossale che proprio il sindaco che è salito in carica anche con la spinta di una forte opposizione al disegno dell’allora giunta comunale di centrodestra sulla centrale, aprisse ad una proposta di questo tipo. Sappiamo che componenti della maggioranza non sono però perfettamente allineati con il primo cittadino: il sottile braccio di ferro che si gioca all’interno della coalizione di centrosinistra, divisa come in ogni ambito tra promesse elettorali, rarissime onestà intellettuali e interessi personali, potrebbe in qualche modo determinare anche il braccio di ferro tra amministrazione e società energetica.
Allo stesso tempo proprio il sindaco ritiene che «il sito elettrico di Rossano va difeso, perché è un sito che ha dato tanto alla produzione elettrica del paese ed è parte integrante del tessuto economico locale e regionale» e «una riconversione della centrale di Rossano è necessaria e indilazionabile, perché il sito è stato costruito più di trent’anni fa ed è vetusto ed obsoleto». Insomma, la centrale resta, c’è da capire solo in che forma.
Il centrodestra locale, sornione e come sempre abile a dire tutto ed il contrario di tutto senza apparenti sbavature, si muove su due livelli: il circolo locale di contrada Piragineti, in linea d’area la zona abitata probabilmente meno distante dal sito industriale e quindi più suscettibile alle emissioni inquinanti, si è dimostrato strumentalmente in apprensione ed ha chiesto delucidazioni al sindaco riguardo alle inaspettate trattative aperte con l’s.p.a.; le massime dirigenze locali, quelle stesse figure che anni fa pianificarono quasi sotto banco la riconversione a carbone in accordo con l’ente energetico, restano in silenzio: come vedremo successivamente, solo apparenti spettatori.
La nostra proposta: scusate lo shock!
Qualcuno si è definito scioccato di fronte alla nostra proposta. In questa regione, in questa nazione, di scioccante c’è ben altro. Inutile affrontare la discussione sulla centrale E.N.E.L. coi paraocchi, non deve esserci alcun tabù se non quello della salute degli abitanti della sibaritide. Eppure, a tutti i livelli, dalla stampa alla politica, paradossalmente l’unico tabù sembra essere la permanenza di un sito industriale sulla splendida spiaggia rossanese.
Come sempre non abbiamo alcuna remore nell’affermare ciò che molti pensano, ma nessuno esterna: la centrale deve essere smantellata, per svariati motivi che tenteremo di riassumere.
Innanzitutto l’impianto è stato costruito negli anni in cui l’industria statale ha rovinato centinaia di siti naturalistici del meridione, il che ha avuto grosse ripercussioni sullo sviluppo turistico ed economico che ancora oggi scontiamo. Vogliamo ripensare a come reagiva l’opinione pubblica? Inutile far finta di non sapere: ogni riserva veniva messa a tacere con la promessa di agognati posti di lavoro, uomini e donne di un sud retrogrado e sottosviluppato preferivano morire di lavoro in un paese storpiato che morire di fame. Siamo ancora quel sud, o riusciamo a sospingere realmente il vento del cambiamento? Riteniamo sia l’ora di rivendicare vita, lavoro e territorio come diritti inalienabili, senza condizioni, scambi o compromessi.
Inoltre, per quel tipo di impianto, non è possibile alcuna riconversione ecocompatibile: il carbone in ogni proporzione è assolutamente contrario ad ogni logica, sia essa ambientale, economica, sanitaria; tanto meno è possibile una riconversione a biomasse, in quanto il territorio non rispetta i requisiti minimi che sono definiti e rigidi (si veda l’articolo “Una centrale nel parco nazionale del Pollino” pubblicato nel numero scorso de la Comune), anche se proprio l’ente energetico ne ha spesso dato un’interpretazione bizzarra e strumentale.
Per assicurare dei posti di lavoro stabili e sicuri, al territorio ed al paese in generale, gli investimenti devono essere dirottati verso settori dell’energia rinnovabile che rappresentano l’unico futuro possibile per il pianeta. Che senso avrebbe l’assunzione di 2600 persone in tutta Italia a fronte dell’ennesimo colpo al settore turistico e naturalistico? Lo ionio cosentino, la città bizantina e gli altri centri abitati della sibaritide, presentano un potenziale di sviluppo enorme e non sfruttato, rappresentato dal patrimonio artistico, storico, monumentale e culturale fusi in un territorio caratterizzato da splendidi paesaggi montani e spiagge meravigliose.
A questo punto gli amministratori ed i poteri di questo paese hanno il dovere di esprimersi chiaramente sul futuro del meridione: la strada da percorrere è quella della valorizzazione di queste meraviglie, ma ahinoi loro hanno deciso di relegarci a periferia industriale e discarica del paese, nascondendosi dietro buone intenzioni vecchie di almeno ottant’anni.
Per l’E.N.E.L. la crisi energetica non è un disastro, ma un pozzo senza fondo: è l’occasione, infatti, per ottenere miracolosi profitti attraverso la concessione di opere inquinanti e dannose, facendo leva su amministrazioni e popolazioni con l’argomentazione dello stato d’emergenza. Possibile che i cittadini debbano sempre pagare le contraddizioni del mercato predatorio? La crisi energetica non è certo causata dal soddisfacimento dei bisogni dei cittadini, bensì da una produzione selvaggia e sprecona. Senza che questa subisca una radicale ristrutturazione, non faremo altro che rincorrere le emergenze, e di emergenza in emergenza, di scandalo in scandalo, i cittadini onesti, i lavoratori, saranno coloro che ripetutamente si troveranno a pagare questi errori. Una ristrutturazione possibile solo se avremo il coraggio di effettuare scelte difficili e sfatare dannosi tabù.
Quando la scienza è un’opinione
Nella bagarre scatenatasi nuovamente nelle ultime settimane intorno alla centrale sono fioccate le tesi più disparate: vogliamo soffermarci sul “carbone pulito”, promosso in particolare dall’autorevole associazione Otto torri sullo Jonio.
La scienza, finalmente tirata in causa proprio dall’associazione, ha una sola certezza: il carbone pulito non esiste. Attraverso dei processi di “pulitura” nel processo di combustione, infatti, si riducono solo alcune delle emissioni rilasciate da quello che è il combustibile più inquinante in assoluto, ma il livello di nocività resta altissimo, soprattutto per quanto concerne le polveri fini e lo stoccaggio dei residui, per cui, per fortuna, ancora deve essere individuato lo sfortunato luogo.
Anche dal punto di vista economico c’è poco da salvare: l’unione europea, così come molte personalità del nostro territorio, ignora che negli stati uniti il progetto sostenuto direttamente dall’ex presidente Bush, con l’investimento di centinaia di milioni di dollari, battezzato FutureGen, è clamorosamente fallito rivelandosi enormemente costoso senza ottenere nessuno dei risultati sperati. Gli impianti disseminati lungo tutto il territorio degli USA sono tutti smantellati o in fase di abbandono per gli eccessivi costi di mantenimento o sviluppo.
Senza considerare che, anche per il carbone pulito, è incalcolabile l’impatto sul territorio. Del resto, nessuno ancora ha avuto il coraggio di rispondere alla domanda: “Come arriva il carbone a S. Irene?”. Si preferisce tacere, con la prospettiva di farci trovare, un bel mattino, un molo industriale sulla spiaggia con navi transoceaniche attraccate cariche di fossile. Tra le decine di modi avveniristici di utilizzare il sito di Sant’Irene, il carbone rappresenta il medioevo, ma se la scienza è diventata un’opinione, figuriamoci la storia.
Il presidente dell’associazione Otto Torri sullo Jonio, Lenin Montesanto, al tempo in cui l’amministrazione cittadina era di “marca” centrodestra, ricopriva il ruolo di responsabile stampa congiunto per Alleanza Nazionale, Forza Italia e UDC.
Conclusioni e prospettive
Lo ribadiamo: la prospettiva della Calabria e della sibaritide non può essere l’industria. Le risorse naturalistiche e storiche devono farci puntare sul turismo, sul benessere reale e sulla cultura, i quali creerebbero centinaia di posti di lavoro in più rispetto ad una centrale elettrica. E.n.e.l. s.p.a., dopo aver ottenuto la benevolenza di complici amministrazioni comunali con promesse mai mantenute (benefici economici, laboratori scientifici eccetera), usi una minuscola parte dei suoi profitti per smantellare la centrale e restituirci il nostro territorio.
Molti sostengono che il destino della città bizantina sia legato a quello della centrale. Siamo gli unici pazzi a credere che il destino di Rossano, invece, dipenda dalla valorizzazione del centro storico, di chilometri di spiagge, di uno splendido territorio montano e di un patrimonio artistico e culturale unico?