Bugie, veleni e sabbia fino al collo.

Veleni, bugie e sabbia fino al collo.
Sarebbe imperdonabile far cadere il silenzio sulle “navi a perdere”.

tratto da La Comune, Gennaio 2010

 

La bella manifestazione di Amantea sembrava aver risvegliato le coscienze di tanti cittadini calabresi di fronte all’ennesima devastazione del territorio, in questo caso il nostro splendido mare, ed alle gravi conseguenze che certe scelleratezze hanno sulla salute dei cittadini. Eppure ora sembra di nuovo tutto come prima: parte dei comitati cittadini sorti spontaneamente tra settembre ed ottobre 2009 sembrano essersi sgonfiati, o quanto meno aver perso combattività; la stampa che tanto aveva sospinto il bisogno di verità è tornata nel consueto silenzio di regime al primo cenno del ministero all’ambiente; la politica dei governi e delle giunte, di centrodestra e centrosinistra, tira un sospiro di sollievo con la testa ben salda sul collo (politicamente parlando, ovviamente).

La cara vecchia pratica dell’insabbiamento

Ciò che è avvenuto non è altro che la riproposizione di un copione ormai rodato, tanto che attori vecchi e nuovi hanno recitato la parte a memoria, con agghiacciante disinvoltura. Nel pieno rispetto della tradizione nostrana, lo stato italiano cerca di insabbiare il caso delle “navi a perdere” che lo vede colpevole di danni enormi al popolo ed al territorio calabrese, in combutta con la malavita organizzata e gli speculatori finanziari. Gli attacchi alla credibilità dei testimoni (in questo caso il “pentito” Fonti), provenuti da tutti gli apparati del centrodestra, a partire dai dirigenti locali per finire alla lega nord, seguiti dagli attacchi ai “denunciatori” tacciati di allarmismo e catastrofismo ingiustificato, hanno preparato il terreno per l’affondo. Il finale di questo copione prevede che qualcuno smonti il tutto con un depistaggio, un bugia, una tesi che smentisca tutte quelle accusatorie e tranquillizzi la gente, che evidentemente, travolta com’è dalla propria quotidianità, non aspetta altro che un calmante. Tant’è che, dopo 47 giorni di silenzio dallo scoppio del caso, il ministro Prestigiacomo si è espresso ufficialmente sulla questione, rivelando che la nave ritrovata a largo di Cetraro risulta essere uno scafo affondato nel 1917, il Catania, come “dimostrano” le foto scattate dalla nave Oceano, e che, conseguentemente, il suo carico non è affatto pericoloso. Dunque non si tratta della Cunsky, come si diceva tra comitati, giornalisti e investigatori.
Finalmente è chiaro il motivo per cui le alte cariche dello stato sono rimaste apparentemente immobili di fronte allo scenario fosco che si stava aprendo agli occhi dei calabresi: si impegnavano nel creare una menzogna da dare in pasto all’opinione pubblica per calmare la piazza e strumentalizzare la rabbia nei confronti dei propri nemici politici. Gli scagnozzi di zona non hanno perso neanche un minuto ad azzannare la preda: Mancini, Gentile, Scopelliti ed altri mastini della scuderia PDL si sono affaccendati nel rilasciare interviste e dichiarazioni inveendo contro la giunta regionale e gli amministratori locali che si sono esposti nel promuovere la manifestazione di Amantea, cercando di sfruttare il probabile spaesamento della popolazione in vista delle prossime regionali.
Non che la giunta regionale non meriti di essere attaccata, tutt’altro, ma ci piacerebbe che fossero le vittime delle malefatte di questa classe dirigente ad inveire contro di essa, per esempio proprio i ventimila di Amantea, e non altri esemplari della stessa specie.

Forse non è la Cunsky, di certo non è il Catania

Con lo scopo di non perdere a bussola, ci siamo cimentati nei panni di aspiranti investigatori, un po’ come fece proprio Mancini jr dalle pagine del Quotidiano (con pessimi risultati), e sinceramente i conti non ci tornano.
Innanzitutto, come avrebbe fatto Francesco Fonti, collaboratore di giustizia, a sapere che in quella zona era stata affondata, circa un secolo fa, una nave non registrata neanche dalla marina militare? Fortuna? Forse una casualità, ma evitando eventuali rischi, per analizzare il relitto a largo di Cetraro il governo ha scelto e finanziato la nave Oceano, che purtroppo per caratteristiche tecniche non avrebbe potuto né sollevare l’imbarcazione affondata, né prelevare i fusti contenuti al suo interno, né rilevarne l’eventuale radioattività. Inoltre, come sappiamo, la vicenda della navi a perdere è stata al centro di un’indagine della magistratura di Reggio Calabria (e non solo) e del suo pool, in particolare il capitano di corvetta Natale De Grazia, morto misteriosamente nel dicembre del ’95 durante un viaggio che lo avrebbe portato al porto di La Spezia per ascoltare dei testimoni proprio sulla spinosa faccenda. Se le navi a perdere non esistono, tutte le scoperte di De Grazia sarebbero fasulle: l’individuazione delle imbarcazioni affondate, la ricostruzione delle rotte, l’individuazione degli equipaggi, il collegamento con Giorgio Comerio e la morte di Ilaria Alpi. Eppure il capo dello stato, Ciampi, nel conferire al capitano la medaglia d’oro alla memoria, recita tra le motivazioni: “La sua opera di Ufficiale di Marina è stata contraddistinta da un altissimo senso del dovere che lo ha portato, a prezzo di un costante sacrificio personale e nonostante pressioni ed atteggiamenti ostili, a svolgere complesse investigazioni che, nel tempo, hanno avuto rilevanza a dimensione nazionale nel settore dei traffici clandestini ed illeciti operati da navi mercantili.”. Nonostante pressioni ed atteggiamenti ostili, da parte di chi? Perché?
Ci sono le foto del Catania, la “prova inconfutabile” del fatto che quella a largo di Cetraro non è una nave dei veleni. Un’imbarcazione affondata nel 1917 mediante siluramento da parte del sottomarino tedesco U64, dopo 92 anni passati sul fondo del mediterraneo, risulta sostanzialmente integra nella struttura e con ormeggi ben visibili e intatti. Se quella di Fonti è fortuna, questo è un miracolo! E poi, ancora, la nave Catania, secondo il ministero, dovrebbe essere lunga circa 93 metri, casualmente come la Cunsky, ma su più registri navali risulta che la lunghezza dell’imbarcazione è in realtà più di cento metri.
E ancora, mancano i bulloni! Non è uno scherzo ed il ministro Maroni si calmi, non li ha rubati nessuno. Il procuratore di Paola (CS) Bruno Giordano, sostenne che i rilievi effettuati sul relitto mediante strumenti elettronici non avrebbero rilevato bullonatura, segno che si tratta di un’imbarcazione le cui lamiere sono unite mediante saldatura. Il varo della nave Catania risale al 1906, ma la tecnologia di costruzione navale senza bullonatura non è antecedente agli anni ’30. Probabilmente le prime navi senza bulloni sono state gli incrociatori della marina tedesca Deutschland, Admiral Scheer e Admiral Graf Spee, ideati da ingegneri al servizio del nazismo per ottenere delle potenti navi da guerra pur rispettando il Trattato di Versailles in termini di peso e dimensioni. Il varo risale al 1936.
La conferenza stampa “decisiva” del 30 ottobre è stata tenuta oltre che da Stefania Prestigiacomo, dal procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, che ha spalleggiato il ministro nel rassicurare l’opinione pubblica. Grasso, con un colpo ad effetto, ha concluso la sua relazione mostrando una foto di Robert Moraht, comandante del sottomarino che affondò il Catania, pronunciando col sorriso di chi  ha risolto il caso:  “Il colpevole è lui”. Questo è il massimo dirigente della superprocura nata per fare guerra alla malavita organizzata, il quale ha ricevuto l’incarico anche grazie ad un emendamento alla riforma castelli in materia di ordine giudiziario, presentato dal parlamentare aennino Bobbio, che ha escluso il candidato principale per il ruolo di procuratore nazionale, Gian Carlo Caselli. L’emendamento è stato giudicato illegittimo dalla corte costituzionale, quindi eliminato, quando Grasso era ormai salito in carica.

Prospettive e forum regionale

Se è vero che la spinta propulsiva e l’attenzione dei cittadini sembra non avere più lo smalto dell’ottobre scorso, quelle giornate hanno convinto molte delle tante individualità che, da anni o da pochi giorni, si impegnano per la difesa del territorio, dei beni comuni, della salute dei cittadini, ad avviare una processo di discussione collettiva ed unione delle forze: nasce così il forum regionale  delle associazioni, movimenti e comitati ambientalisti. Dopo una primo incontro all’università della Calabria, organizzato in preparazione della manifestazione di Amantea, ma anche con la prospettiva di costituire un coordinamento tra le varie vertenze del territorio, il 6 dicembre il forum ha dato inizio ad una serie di lavori e discussioni su argomenti quali i rifiuti tossici, l’energia, la privatizzazione dell’acqua e lo stato delle infrastrutture con particolare attenzione verso le vicende del ponte. Si tratta chiaramente di un processo importante che richiederà molti sforzi da parte di chi è intenzionato a portarlo avanti.

Ambientalisti e istituzioni

Lo spazio che anche in quella sede, come per tutta la vicenda delle navi a perdere, molti comitati ambientalisti hanno accordato all’assessore regionale Silvio Greco, comporta, a nostro modo di vedere, un “difetto di fabbrica” piuttosto rilevante. Da un punto di vista politico la giunta regionale nulla ha fatto per salvaguardare il territorio dalla speculazione di industriali e malavita organizzata, né per la difesa della salute e dei diritti dei cittadini. Del resto è stato lo stesso assessore che, tanto sulla privatizzazione dell’acqua  quanto sulla costruzione prossima di un secondo inceneritore nel territorio calabrese (probabilmente a Cosenza) non ha saputo dare delle risposte. Dichiarandosi impotente di fronte a tutti i processi di devastazione della nostra regione, ha addirittura anticipato la possibilità di costruzione di un terzo inceneritore, il che implica che il suo assessorato, qualora si desse inizio ad una scontata realizzazione dell’impianto di di combustione, non si renderà protagonista di particolari opposizioni. Sulla vicenda delle navi a perdere? L’inutile battibecco mediatico tra governo regionale e governo nazionale, teso semplicemente al rimpallo delle responsabilità ed alla strumentalizzazione dell’emergenza in vista delle prossime regionali, ha raggiunto toni squallidi e grotteschi. Del resto si stratta degli stessi toni utilizzati in questi giorni per la vicenda delle deportazioni di Rosarno. Vanto dell’assessore Greco è l’aver scritto a maggio 2009 una lettera al ministro dell’ambiente dove segnalava l’inquietante aumento di patologia tumorali nel territorio di Serra d’Aiello (CS) e sua grande recriminazione è la mancata risposta da parte della Prestigiacomo. Aldilà di dichiarazioni d’intenti e delle adesioni formali, da un punto di vista politico questo è tutto quanto l’assessorato regionale all’ambiente è riuscito a concludere di fronte al marasma trentennale dello smaltimento di rifiuti tossici in mare.

Conclusioni

La costruzione di un forum regionale ambientalista che non sia un semplice raccordo tra vertenze (per quanto utile), ma che unifichi tutte le rivendicazioni in una piattaforma politica e di lotta radicale e condivisa, dando vita ad un soggetto autorevole e efficace lungo tutto il territorio è, a nostro avviso, l’ambizioso obiettivo su cui ogni sensibilità individuale e collettiva deve lavorare duramente. Nel breve termine, sarebbe un errore madornale da parte di tutta la società civile calabrese, far ricadere il definitivo silenzio su una vicenda vergognosa e grave come quella delle navi a perdere. Torniamo a pretendere verità, con o senza l’appoggio di sventolanti giornali o camaleontici politicanti, ma non solo: è necessaria l’individuazione dei responsabili in una nazione dove i delitti più efferati restano storicamente impuniti. E proprio in termini di responsabilità,  raccogliamo l’ennesima lezione politica impartita dalla società e dal territorio che viviamo: il capitalismo non conosce limiti di sorta negli strumenti che quella minoranza che detiene il potere, tanto finanziario quanto politico (considerando che in molti casi questi coincidono), è disposta ad utilizzare per il movente totalizzante del profitto. Come spunto di riflessione, concludiamo con la conversazione intercettata tra due esponenti della ‘ndrangheta che discutono dell’affare delle navi a perdere: <<Basta essere furbi, aspettare delle giornate di mare giusto, e chi vuoi che se ne accorga?>> – <<E il mare?>> – <<Ma sai quanto ce ne fottiamo del mare? Pensa ai soldi, che con quelli il mare andiamo a trovarcelo da un’altra parte…’>>.


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