L’industria che piace alla classe politica incapace

Contributo comparso sulle pagine regionali de Il Quotidiano della Calabria del 25 Giugno 2012.

di Flavio Stasi

La crisi avanza e lungo il territorio rispuntano i progetti di mostri inquinanti come la centrale a carbone di Saline Joniche. Il vento fetido della speculazione, che spira da Roma e arriva fino allo stretto, passando sembra aver risvegliato anche qualche parassitario appetito bizantino: a Rossano qualcuno torna sul progetto di riconversione.

Inutile tornare sugli aspetti sanitari, tecnici, politici, economici del combustibile fossile: qualsiasi sia il punto di vista da dove lo si guarda, quella del carbone è una semplice follia, dettata da interessi di multinazionali e di una cricca di sciacalli locali, da chi vende il terreno dove si costruirà la centrale a chi gestirà una parte di posti di lavoro in cambio di voti o deleghe sindacali. Questa è storia della nostra regione.

Ma se certe proposte indecenti meritano spazio su un quotidiano è per un’altra ragione.

Una classe politica accorta e assennata mirerebbe alla valorizzazione del territorio, a dare inizio ad uno sviluppo regionale e locale che crei posti di lavoro migliorando la qualità della vita dei calabresi, che sfrutti le risorse naturali e storiche della nostra regione. Una classe politica che sia in grado quindi di programmare senza pregiudizi e scadenze, che coinvolga le comunità nelle scelte che la riguardano, che si basi sui dati reali, economici e storici della nostra regione e soprattutto che sia in grado di pianificare a lungo termine. La classe politica che non abbiamo mai avuto, con prove inconfutabili.

Seicento chilometri di costa nel mezzo del mediterraneo, da quella frastagliata del tirreno a quella ciottolata e distesa dello ionio, dai rossi arenili della costa Tiziana agli spettacolari salti della Costa Viola. Basterebbe questo per avere la misura di un’incapacità disperante: quanto lavoro negativo è servito per avere un turismo decadente con queste risorse? Quanto sono ingrassati i pochi colpevoli di questo fallimento? E pensare che non c’è “solo” la spiaggia. Si aggiungano le distese alberate ed i massicci dell’Aspromonte, della Sila, del Pollino, tutto a pochi minuti dalla spiaggia; si aggiungano i centri storici, le tradizioni, i luoghi di culto e di rilevanza storica.

E proprio in quest’ultima categoria troviamo un altro emblema. Il parco archeologico di Sibari è una delle più importanti realtà archeologiche d’Europa. I suoi scavi sono lasciati nella più totale incuria, e fanno da semplice contorno al passaggio veloce di una famigerata strada statale.

Perché noi abbiamo tutta un’altra classe politica, il cui orizzonte temporale è perennemente fissato sulla prossima scadenza elettorale. Il punto dolente non è nemmeno la tensione, ingiustificabile ma umana, verso l’ampliamento e la conservazione del proprio potere, sia questo enorme come quello di un Governatore o limitato come quello di un consigliere comunale. Il punto dolente è l’incapacità profondissima di coniugare la ricerca del consenso elettorale con atti politici positivi per il territorio.

Immaginatela, per esempio, la disperata situazione di un sindaco perennemente preoccupato dal proprio tornaconto elettorale, sperduto nelle sue stanze a calcolare affannosamente i propri sostenitori in diminuzione a causa del tombino della fogna allagato, della strada dissestata, del mare inquinato, dei servizi mancanti eccetera eccetera. Immaginatelo, questo sindaco, perso nel buio labirinto del suo terribile ruolo istituzionale travolto da una luce paradisiaca: Enel, per esempio. Non una lampadina o un contratto di fornitura elettrica, ma una centrale.

Terreni da vendere, appalti, posti di lavoro da gestire, voti, voti, voti. Le voci dei cittadini che dicono “il fumo ammala”, “l’agricoltura si distrugge”, “il turismo si devasta” diventano un ronzio incomprensibile per questo Sindaco alle prese col futuro, il proprio. L’incapacità di pianificare e valorizzare, in una parola di amministrare, viene spazzata via con un colpo milionario: mettiamo in svendita quello che andava valorizzato. Così ha funzionato col pacchetto Colombo, la Liquichimica di Saline, la centrale termoelettrica di Rossano e tante altre centrali, cementifici, progetti industriali di cui oggi conserviamo solo i veleni ed i relitti. E così continua a funzionare, con le discariche, gli inceneritori, i depuratori, le riconversioni e nuovi strampalati disastrosi progetti. Così continua a funzionare con i palazzi, i marciapiedi, l’edilizia: che importa se serve o meno una nuova piazza, l’importante è far lavorare chi dico io, il quale poi vota chi dico io.

Svelato l’arcano: i nostri amministratori vogliono l’industria perché non amministrare è l’unica cosa che sanno fare.


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