di Flavio Stasi
Articolo comparso sulle pagine regionale de “Il Quotidiano della Calabria”
Sentire il dibattito parlamentare del 29 Marzo dopo aver assistito a decine di sterili dibattiti sulle infrastrutture, organizzati qua e la per la Calabria da partiti o sindacati, è una delle cose più tragicomiche che un cittadino calabrese possa fare.
Siamo una regione con infrastrutture da terzo mondo, lo siamo fin dalla tanto festeggiata Unità d’Italia, ma solo negli ultimi dieci anni la nostra classe politica ha prodotto una quantità tanto abnorme di chiacchiere senza seguito, evidentemente in malafede, che se per ogni parola spesa avessimo avuto un centimetro di ferrovia, saremmo all’avanguardia in tutto l’occidente.
Potrebbe sembrare “anti-politico” e forse lo è, ma mi chiedo: la verità può essere anti-politica? Non è che sono le fesserie dei nostri amministratori ad essere anti-politiche e pro-interessi-personali?
Fatto sta che la SS 106 è ancora la nostra arteria principale, se la vogliamo chiamare così, mentre la linea ferrata jonica è un pesce d’Aprile: i cittadini calabresi da Reggio Calabria a Rocca Imperiale lo hanno capito da un pezzo. Stiamo solo aspettando che un giorno il Premier di turno, accompagnato dal Ministro dei Beni Culturali, arrivi e dica “abbiamo scherzato, questa non è la vostra ferrovia, l’abbiamo realizzata solo per girare un film western!”.
Solitamente la litania di onorevoli, sindaci o autorevoli difensori del lavoro nostrani finisce con una espressione del viso impotente e desolata, accompagnata dalla frase d’altri tempi “purtroppo non ci sono soldi”.
E noi popolo, che avevamo sognato per qualche istante di poter fare più di 20 chilometri in treno impiegando meno di un’ora, sconsolati accettiamo la dura realtà e torniamo alla fermata dell’autobus della compagnia privata, che sull’inefficienza dello Stato ha fatto i milioni. Pazienza, direte, ma la differenza fra il paziente ed il fesso è sempre più sottile.
Se non avete mai sentito il dibattito parlamentare, o anche una semplice conferenza stampa di Monti, a proposito della TAV, allora fatelo. Deputati e Senatori di ogni schiatta politica, di ogni zona dello stivale, che stigmatizzano i “No” dei cittadini di intere comunità, amministratori compresi, con una motivazione semplicissima: “la Tav ci serve per essere competitivi con l’Europa”. Questo è quello che dicono, poi c’è quello che non dicono: “A noi fare la ferrovia in Calabria, in Basilicata ed in Campania NON ci serve per essere competitivi con l’Europa”. Anzi, se fossero un po’ più sinceri direbbero: “A noi delle ferrovie della Calabria non ce ne frega proprio niente”. Ecco quello che i sorridenti “Si Tav” non dicono.
E volete sapere perché? Immaginate una Calabria splendidamente infra-strutturata, con porti e ferrovie, che sfrutta le sue enormi ricchezze storiche e naturali, che campa di Agricoltura, Turismo e Cultura come in qualsiasi Nazione normale sarebbe accaduto da un secolo. E le centrali a carbone poi dove le mettono? E le foreste come le tagliano per le centrali, se fanno turismo e benessere? E le discariche di rifiuti speciali? Non possono mica tenersele dove i rifiuti speciali li producono con enorme produzione di ricchezza! Ed i rifiuti tossici che hanno cercato di sbolognare per decenni in Somalia ed in mezzo mondo, ovunque ci fosse la guerra civile?
Poco importa che noi già produciamo il doppio dell’energia che consumiamo. Poco importa che importiamo rifiuti speciali da mezza Italia.
Guarda caso, l’unica infrastruttura che il nostro parlamento ci tiene a finanziare e difendere è il Ponte sullo Stretto, che collega il nulla cosmico con la linea infinita dell’orizzonte, visto che per arrivare a Villa San Giovanni serve l’elicottero.
Guarda caso il Decreto Semplificazioni depreda le regioni del potere di decidere sulle centrali energetiche e lo affida direttamente al Governo, almeno per opere “strategiche”. Scommettiamo che esce fuori un’opera strategica al gusto di carbone?
Ecco allora la verità. Quelli del “No” sono in realtà quelli del “Si”. Si alla modernizzazione della ferrovia ionica, si alla messa in sicurezza delle strade statali, si alla connessione ed all’utilizzo dei nostri porti per esportare in tutto il mondo i nostri prodotti di qualità e far arrivare tutto il mondo ad apprezzare la nostra splendida terra. In poche parole, Si allo sviluppo di questa terra.
Ed invece quelli che si riempiono la bocca di “Si” sono in realtà gli scudieri del “No”. Il “Si” di costoro è uno solo, ed è lo stesso da almeno sessant’anni, quello che ritroviamo nella faccenda Eternit, nella faccenda Marlane, nella faccenda Eni, nel fantomatico “Pacchetto Colombo”, in ogni babele industriale e decadente che sfregia le nostre spiagge e foreste: Si allo sfruttamento di uomini e territori per i profitti di pochi potenti speculatori. Sarebbe il momento di dire Si a qualcos’altro.