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Il 31 Agosto di due anni fa.

1279017_10202056236513181_1042541297_oDue anni fa, il 31 Agosto 2013, a quest’ora io e Mauro Mitidieri​ avevamo iniziato da qualche ora lo sciopero della fame per la difesa del Tribunale di Rossano.

Ricordo che ne parlammo una delle tante sere passate proprio tra le mura del Palazzo di Giustizia ad immaginare strategie per impedire quello che sarebbe stato l’ennesimo scippo di Stato ai danni della nostra terra: avevamo capito che c’era bisogno di qualcosa di forte che scuotesse le coscienze della gente prima che delle istituzioni. Quando lo proponemmo al Comitato, molti ci guardarono perplessi, altri ci presero forse per scemi, ma credo solo in superficie. In fondo tutti compresero quello che volevamo fare e, chi prima chi dopo, tutti diedero l’assenso.

Qualcuno, credo, nutra ancora dubbi sulla veridicità di quello sciopero: “figurati, quelli mangiano meglio di me e di te!”. Lo ammetto, io intendevo rinunciare soltanto al cibo, aiutandomi con frullati ed integratori, ma non avevo fatto i conti col mio compagno di viaggio che all’epoca conoscevo appena: bevemmo per giorni solo ed esclusivamente acqua, guai ad ingerire altro.

Funzionò? Bhe, ricordo che dopo qualche giorno il silenzioso presidio di via Santo Stefano divenne probabilmente la piazza centrale della città e del territorio. Gente di ogni provenienza, estrazione e ceto passava a dare la propria solidarietà a tutte le ore del giorno e della notte, al punto da costringerci ad istituire un orario di riposo per dosare le sempre più esigue energie. Non ricordo dopo quanti giorni, forse sette o otto, la pressione dei medici e delle persone che ci stavano vicine, che mai ci hanno abbandonato, ci convinse a cominciare a bere qualche integratore, non più di uno al giorno.

Ricordo i lunghi dialoghi telefonici con un certo dott. Sottile, segretario particolare del Ministro della Giustizia, con l’intento di ottenere un incontro col guardasigilli in persona, ma non ci riuscimmo. Del resto, a proposito di Giustizia, quel Sottile era parente stretto dell’ex Commissario all’emergenza ambientale nonchè prefetto Goffredo Sottile, personaggio noto per aver autorizzato la devastazione di territori splendidi dalla Calabria al Lazio, e di certo quel suo parente diretto lavorava al ministero per merito. Ma questa è solo una parentesi, uno scorcio che però, come tanti altri scorci in questi anni di attività, non voglio tenere solo per me.

Il nostro obiettivo era un altro e, in fondo, lo avevamo già ottenuto.
Il fiume di gente decisa ed unita che invase la statale 106 l’11 Settembre 2013 ne fu la prova incontrovertibile, ed a fine manifestazione, dopo 12 giorni di digiuno totale, in barba alle raccomandazioni dei medici che ci avevano raccomandato di iniziare con pietanze liquide, mangiammo un panino con mortadella per strada, calpestando l’asfalto della statale bloccata dalla manifestazione.

Noi avevamo fatto il nostro, la nostra gente pure, a quel punto stava alle istituzioni compiere il proprio dovere ma a queste latitudini, purtroppo, la parola “dovere” è solo un ornamento formale privo di significato.

Da allora qualcuno mi chiama ancora “avvocato”. Sono sincero: all’inizio mi incazzavo molto per questo, rispondendo stizzito “io non sono avvocato, lo sciopero l’ho fatto da cittadino!”, ma dopo un po’ ho lasciato perdere, in fondo per me non fa alcuna differenza.

Molti credono che quella battaglia sia stata inutile, biasimandoci addirittura per averla sostenuta. A me non piace il buonismo ipocrita e fiabesco di chi assolve tutti solo perché rende più simpatici: purtroppo la storia reale non la scrive Walt Disney e se siamo arrivati a questo punto, di certo, è anche responsabilità di chi, da almeno trent’anni, sceglie i propri rappresentanti per il fumo negli occhi o, peggio ancora, per le briciole in tasca.

Ma in quei giorni, forse per la prima volta,  in barba all’attacco feroce di istituzioni distantissime ed ai giochi di prestigio di una classe politica mediocre, in una grossa fetta della nostra comunità emerse una profonda ed inedita voglia di riscatto e questo ripagò gli sforzi ed i sacrifici personali enormi di quelle settimane.

Quella stessa voglia di riscatto, di onestà e di coraggio servirà tutta, molto presto, per scrostare dalla nostra città l’unto putrescente di una classe dirigente incapace di mettersi in discussione e di farsi da parte nonostante i disastri enormi che ha provocato. Io farò la mia parte e sono certo che non sarò da solo.

Flavio Stasi

 

 


I carrozzoni degli altri sono sempre i peggiori.

racconti3Temevo che la tattica novecentesca del farsi “portare” da amici, giornalisti e sbandieratori, fingendo di non essere interessato alle prossime elezioni, sarebbe durata molto a lungo, ed invece l’ex sindaco Caracciolo non ha resistito ed è intervenuto, con tempismo perfetto, su un argomento caldissimo come quello della mancanza di acqua nelle case, un argomento apparentemente da “gol a porta libera”.

Il fatto che abbia ribadito, seppur maldestramente e con qualche anno di ritardo, alcune delle proposte del movimento Terra e Popolo è segno di grande umiltà e di lucidità: sarebbe stato forse corretto citarci ma non gliene facciamo una colpa, siamo ormai abituati a scopiazzatori e cloni mal riusciti soprattutto nell’ultimo periodo. Lo prendiamo come indicatore del fatto che ciò che proponiamo, nonostante la nostra modesta esperienza, è quasi sempre innovativo, concreto ed efficace.

Ciò che è più difficile da comprendere, invece, è come mai il vecchio leone della sinistra rossanese si sia accorto della necessità di aumentare le fonti di approvvigionamento di acqua potabile o di colpire la dispersione nella rete idrica cittadina soltanto ora, nel 2015: avrebbe forse potuto accorgersene al tempo in cui era lui a fare il sindaco, epoca lontana e per altro senza i vincoli del patto di stabilità e senza la crisi degli enti locali; epoca in cui i miliardi di lire, giusto per intenderci, erano noccioline nei bilanci delle pubbliche amministrazioni. Pensare che a quel tempo la mancanza di acqua potabile, soprattutto nel centro storico, era grave e sistematica esattamente come ora, e se per decenni questo indecente problema non è mai stato affrontato (se non nelle campagne elettorali) lo dobbiamo anche a lui che rappresenta in pieno, insieme a Giuseppe Caputo, il fallimento epocale di una intera classe dirigente.

Di certo Caracciolo ha piena contezza degli argomenti quando delinea il fallimento del carrozzone pubblico-privato della Sorical Spa. Non tutti sanno, infatti, che l’ex sindaco di carrozzoni pubblico-privati falliti se ne intende davvero, avendo ricoperto “recentemente” il ruolo di presidente del consiglio d’amministrazione della Sibaritide Spa, uno dei 7 mega carrozzoni pubblico-privati partoriti dal Commissario all’Emergenza Ambientale e che si occupava, senza alcuna concorrenza, di raccogliere i rifiuti dei 35 comuni della fascia ionica cosentina. Un mostro più che una società, in cui l’incarico di presidente veniva conferito prettamente per appartenenza politica, tant’è che a scegliere e sostenere Caracciolo, nel 2007, fu la giunta Filareto.

Incarico che durò qualche anno, appena il tempo di scrivere il preludio del fallimento sostanziale della società che, infatti, successivamente fu messa in liquidazione ma “non prima però che una grossa mole di risorse pubbliche transitasse dalle casse dei comuni a quelle di alcuni soci privati che vendevano alle società miste quei medesimi servizi che la società doveva prestare ai comuni” come scritto nero su bianco dalla sezione di controllo della Corte dei Conti nel 2009. Ovviamente, trattandosi di carrozzoni pubblico-privati, la tradizione vuole che i debiti vengano pagati dai cittadini mentre i profitti vengano incassati da burocrati, politici e privati. Le nostre comunità pagano ancora le conseguenze della gestione dei rifiuti di quegli anni, sia in termini economici che in termini culturali: la Sibaritide Spa raggiunse qualcosa come il 2% di raccolta differenziata reale nonostante i faraonici esborsi di denaro pubblico.

Anche qui mi chiedo: se con tanta lucidità, a “soli” 12 anni dalla sua costituzione, oggi lo storico sindaco della città bizantina riconosce il fallimento di un carrozzone come Sorical, come mai non si accorse di essere il presidente di un carrozzone certamente peggiore – considerando anche l’importanza e la delicatezza del settore rifiuti – come Sibaritide Spa? Da qui la morale della favola: i carrozzoni degli altri sono sempre i peggiori.

Il rinnovamento radicale della classe dirigente è una necessità indifferibile per il sud ed in particolare per il nostro territorio, una necessità che non può e non deve risentire di sterili logiche di schieramento: è il momento di chiudere, senza tentennamenti, con una classe politica profondamente inadeguata ed obsoleta per ricostruire l’autorevolezza e la credibilità della nostra città.

Flavio Stasi