E propaganda fu, anzi, peggio

La proposta c’era, il coraggio di farla no.

IMG-20150310-WA0011Data la delicatezza e l’importanza dell’argomento, proverò nel limite del possibile ad evitare ogni possibile polemica, senza però censurare il profondo imbarazzo provato come cittadino di Rossano di fronte allo spettacolo di ieri.
Un consiglio comunale convocato su un tema come la centrale Enel, non sulle sagre estive o sul colore delle mattonelle per tre metri di marciapiede, in cui il sindaco di una città che vorremmo importante non solo interviene soltanto alla fine lasciando ad intrepidi consiglieri di maggioranza l’ingrato – ed inopportuno – compito di dire e non dire, ma piuttosto che tracciare sintesi e prospettive, si impegna nell’accapigliarsi con questo e con quello e nel fare superflue cronistorie.
La mia non è davvero una polemica, è solo profondo imbarazzo.
Quello che si è capito, sforzandosi di cogliere una posizione tra fatti e smentite, è che la proposta c’era, anzi c’è, ma è così barbara ed incivile che nessuno ha avuto il coraggio di spiattellarla.
Nessuno si è alzato dicendo: io sono per l’inceneritore. Qualcuno ha provato a mischiare le carte in tavola, chiamandolo centrale di Manfredonia, impianto a letto fluido, termo(s)valorizzazione, ma alla fine ognuno ha mollato la palla rovente al collega di fianco, limitandosi, al massimo, alla solita, demagogica, intramontabile barzelletta del “però non si può dire no a tutto”, storico prologo del “si a tutto, basta che ci aggiustiamo qualcuno” a cui la nostra classe dirigente ci ha abituato.
Ad onor del vero ad essere stati chiari, oltre ai consiglieri di minoranza, sono stati dei consiglieri di maggioranza che hanno detto a chiare lettere di essere contrari alla riconversione ad inceneritore, nonostante nessuno l’avesse proposta, ed a questi va il mio sincero apprezzamento.
Così quello che era un legittimo timore, cioè quello di veder trasformata la questione centrale in un tema di propaganda elettorale, è svanito non per mancanza di volontà, ma per inconcludenza dell’amministrazione. Ciò che resta è l’irresponsabilità di aver rischiato di innescare una divisione sociale dannosa non per qualcuno in particolare, ma per l’intero territorio della sibaritide.
Unico segnale positivo ritengo sia quello dell’apertura di un tavolo tra istituzioni e società civile che possa formulare delle proposte per l’utilizzo del sito di Sant’Irene, con una precisazione: sbaglieremmo, a mio modesto avviso, a chiamarlo tavolo tecnico. Non credo ci sia da decidere se una tecnologia è più efficiente di un’altra o se un filtro è meglio di un altro, non credo ci sia da fare convegni scientifici.
C’è da decidere cosa fare del nostro territorio, su che tipo di sviluppo puntare, e sulla base di questo servirsi della tecnica per raggiungere obiettivi strategici, col fine di rilanciare un territorio che ha forte bisogno di coraggio e programmi a lungo termine. Un tavolo politico, quindi, non tecnico, perché di questo dovrebbe occuparsi la politica, a partire da chi occupa temporaneamente i ruoli istituzionali fino al singolo cittadino sensibile. Se c’è da far questo, di certo la società civile della città non si tirerà indietro.

Flavio Stasi
Referente Regionale Legge Rifiuti Zero


Sull’Enel il confronto si faccia coi contenuti, non coi pellegrinaggi.

Ed eccoci qui, puntualissimi, ogni cinque anni a commentare proposte più o meno concrete, rigorosamente strampalate, sul “futuro” della centrale Enel. Questa volta la miccia si è accesa grazie ad un’iniziativa della maggioranza comunale la quale, non avendo la più pallida idea di cosa fare, ha ben pensato di iniziare una serie di pellegrinaggi lungoi santuari pseudo-industriali d’Italia. Il punto di partenza è stato quello che Antoniotti e compagni hanno chiamato, con audace sfoggio di tecnica, centrale a letto fluido di Manfredonia, proprietà Marcegaglia. Signore e signori, nel 2015, un inceneritore.

Se qualcuno volesse speculare politicamente sulla questione, non dovrebbe far altro che lasciar fare l’amministrazione mentre colleziona l’ennesimo suicidio politico dopo il tribunale, gli ospedali, i treni, i depuratori, i rifiuti eccetera eccetera. Purtroppo, però, i disastri di questa classe non-dirigente si riversano sistematicamente sulle schiene dei cittadini calabresi per cui, prima che ciò avvenga, è bene diradare un po della confusione prodotta da questi brillanti amministratori.

Intanto qualche precisazione di contorno: se è vero che Bucita è diventata una cloaca grazie ad un indifendibile centrosinistra, è altrettanto vero che quando tutto ciò accadde il forzista Giuseppe Graziano, oggi consigliere regionale, era sub-commissario, direttore generale e presidente del nucleo via, eppure Caputo ed Antoniotti lanciano petali di rosa sul suo cammino ogni qualvolta se ne presenta l’occasione: problemi di memoria? Così come è vero che oggi questa amministrazione è stata messa nelle condizioni di intervenire in quella discarica grazie alla scoperta di 60 mila metri cubi di rifiuti abusivi e di natura sconosciuta, quindi ad un probabile traffico illecito di rifiuti, eppure resta immobile, con le mani in mano. Non solo.

Se è vero che l’amministrazione Filareto si limitò al “no” al carbone, è altrettanto vero che Antoniotti non mi sembra sia stato eletto l’altro ieri, e fare dei pellegrinaggi un anno prima delle elezioni amministrative per accalappiare maldestramente qualche voto è quasi peggio di non fare nulla.

Passando al nocciolo della questione, l’idea accarezzata da questi pionieri dell’impreparazione non solo non conviene dal punto di vista ambientale e sanitario, ma è persino sconveniente dal punto di vista economico e, di fatto, irrealizzabile. Forse qualcuno pensa a questi impianti come dei grossi caminetti dove gettare direttamente la busta di rifiuti lasciata nel cassonetto, e lì la monnezza dovrebbe sparire d’incanto: non è così.

Per far funzionare queste fabbriche di tumori c’è bisogno di impianti di trattamento efficaci che trasformino i rifiuti in combustibile, isolando tutto ciò che è riutilizzabile o con basso potere calorifero. Noi abbiamo di questi impianti? No. L’Istituto Superiore di Protezione Ambientale, infatti, documenta che i nostri impianti non sono in grado di produrre combustibile a norma, che quindi il “prodotto” (monnezza tritata) va quasi tutto in discarica e di conseguenza l’unico inceneritore della Calabria, quello di Gioia Tauro, per funzionare deve importare monnezza da altre regioni, non so se vi rendete conto dell’assurdità. Chiusa la questione tecnica, passiamo a quella economica: è ormai riconosciuto che questi impianti, chiamati “valorizzatori” solo in Italia, hanno un bilancio energetico negativo, cioè consumano più energia di quella che producono. Il trucco è che l’energia consumata la pagano i cittadini tramite tasse e altri escamotage (date un’occhiata alla vostra bolletta cercando la voce CIP6) mentre quella venduta, cioè i profitti, li becca l’azienda proprietaria dell’impianto che, quindi, diventa competitivo…coi soldi nostri. Questa sarebbe la valorizzazione.

Inoltre, i rifiuti gettati in questi impianti si volatilizzano? Certo che no, si trasformano, oltre che in energia sconveniente, in fumi e ceneri. Le ceneri, classificate rifiuti speciali, devono finire in meravigliose nefaste discariche, come se ne avessimo poche, mentre i fumi e le polveri sottili vanno ad aumentare la fila nei reparti di oncologia del territorio, i quali già sono tutt’altro che deserti. Ed il conto dell’impatto sanitario chi lo paga? Noi, come sempre, con la vita ed il portafogli.

Per cui se dibattito si vuol instaurare, ben venga, ma sui contenuti, non coi pic-nic.

È bene che si sappia che la società civile del territorio sta preparando da qualche tempo una proposta reale, concreta, tecnicamente avanzata ed economicamente conveniente per il futuro del sito di Sant’Irene, che non solo salvaguarderà e creerà posti di lavoro, ma sosterrà realmente lo sviluppo e sarà totalmente sostenibile, rispettando le vocazioni del territorio. Una prospettiva in cui coinvolgere ogni forza sociale della sibaritide, dalle associazioni ambientaliste alle forze sindacali passando per gli operatori turistici, per pretendere unitariamente, da parte di Governo e Azienda, una volta per tutte, il rispetto della volontà delle nostre comunità. Ecco perché soltanto accennare delle proposte indecenti come quella di un impianto di incenerimento rappresenta, oltre che una patetica baggianata, un atto totalmente irresponsabile e tutt’altro che costruttivo, che rispecchia la mediocrità di questa classe dirigente e non fa altro che dividere ed indebolire il nostro territorio.

Flavio Stasi


@Flavio_Stasi 24 Dicembre

Il è il favore di @matterorenzi per 2 o 3 sostenitori importanti. Per creare occupazione basta .


@Flavio_Stasi 19 Dicembre

ore 10.30 a CZ dove si discute dell impianto di Bucita.Non eravamo invitati ma siamo i primi.A Rossano solo bonifiche


@Flavio_Stasi 16 Dicembre

Conosci il progetto del depuratore consortile di Rossano e Corigliano?


Graziano ha ragione, c’è bisogno di cambiare…a partire da lui.

Foto di proprietà CMP Agency

Foto di proprietà CMP Agency

Sono certo che a molti farebbe comodo una intera campagna elettorale come quella vista in questi giorni, combattuta a suon di telefonate e occhiolini rassicuranti, senza nessun dibattito politico reale. È in questo clima di finzione che slogan come “il coraggio di cambiare” possono passare inosservati.

Ammetto che da parte di Giuseppe Graziano, candidato del centrodestra al posto di Caputo, mi sarei aspettato però un minimo di assunzione di responsabilità piuttosto dell’ormai classico copione di quello “nato ieri” sceso in campo per salvare la patria.
Ed allora, per completezza di informazione, provo ad andare dietro le quinte di questo esilarante spettacolo. Graziano, piuttosto, “nasce” almeno nel 2005 con l’elezione di Loiero a governatore e soprattutto con la nomina di Diego Tommasi ad Assessore Regionale all’ambiente. Il destino di Tommasi e quello di Graziano, da quel momento in poi, si incroceranno di continuo e la carriera di quest’ultimo, a quel punto, impennò vertiginosamente.
Un mese dopo viene assunto come dirigente esterno della Regione e dopo un mese ancora, nel Luglio 2005, è già promosso Dirigente Generale vicario del Dipartimento Ambiente della Regione, praticamente direttore generale. A settembre viene nominato contemporaneamente direttore del Parco del Pollino, a Dicembre è presidente del “Nucleo Via”, l’organo tecnico che autorizza impianti e discariche, a Gennaio del 2006 diventa Colonnello del Corpo Forestale.

Nel giro di un anno Graziano diventa la massima autorità amministrativa in tema di ambiente, rifiuti, depurazione, dissesto idrogeologico, energia, un ruolo che ha rivestito per sei lunghissimi anni. Con quali risultati? Un disastro epocale da cui la Calabria stenta ad uscire, dalle discariche che franano ai depuratori che affogano eccetera eccetera eccetera.

Qualcuno, dopo qualche anno, ha notato che uno stesso soggetto non poteva essere contemporaneamente in aspettativa nella forestale, dirigente regionale (con numerosi incarichi) e direttore del Parco, percependo praticamente gli stipendi pubblici di una ventina di operai, così la Corte dei Conti di Potenza, nel 2011, lo ha condannato a restituire 20 mila euro alle casse pubbliche. E se è vero che ci vuole il coraggio di cambiare, questo non c’è stato: nel Giugno 2014, cioè tre anni dopo, il Ministero ha scoperto una serie di mega-stipendi illegittimi della Regione Calabria tra i quali quello di Graziano, il quale dovrà restituire il malloppo insieme a molti suoi colleghi.

Ma la scalata del Colonnello non finì lì. All’epoca un solo ente era importante quanto il Dipartimento Ambiente di cui Graziano era dirigente: il famigerato ufficio del Commissariamento all’Emergenza Ambientale, l’ente che è riuscito a spendere 2 miliardi di euro in 15 anni senza nessuna spiegazione. A dividere le stanze del Commissario e quelle del Dipartimento c’era soltanto una porta di legno: in 50 metri quadrati sedevano il commissario ed il dirigente vicario che era contemporaneamente il direttore nel nucleo Via ed il valutatore dei dirigenti provinciali Arpacal, cioè si decideva vita morte e miracoli del ciclo dei rifiuti della Calabria.

Ricordo a me stesso che secondo la Commissione Parlamentare d’Inchiesta retta dall’avv. Pecorella (PDL) il ciclo dei rifiuti calabrese era gestito da un “sistema di potere non estraneo ad interessi politico-malavitosi”, seppure all’epoca nessuno si accorse di nulla.
Allora qualcuno avrà pensato: “una porta divisoria è un po’ troppo”, così nel novembre 2006 Graziano è stato nominato sub-commissario all’emergenza ambientale. Non so se è chiaro: se esiste un commissariamento per i rifiuti è perché assessorato e dipartimento, secondo il governo, non sono in grado di gestire il settore.
Nominare il dirigente vicario come sub-commissario è stato un po come se i servizi sociali togliessero dei bambini ai propri genitori e poi glieli riaffidassero dicendogli “bravi, continuate così”.

Una stortura che non passò inosservata ad un servitore dello Stato come il Prefetto Ruggieri, nominato Commissario anche egli a Novembre 2006, il quale definì quella nomina inopportuna aggiungendo “non si capisce quando lo stesso soggetto parla da sub-commissario o da direttore generale del dipartimento”. E chi lo capirebbe? Il prefetto Ruggieri fu uno dei pochi commissari che, piuttosto di assumere amici e parenti, fece degli allontanamenti a persone, secondo lui, assunte illegittimamente. Il premio? Dopo 4 mesi venne sollevato dall’incarico mentre Graziano restò lì.

Non solo: in audizione presso la commissione d’inchiesta il Commissario ha vantato un solo risultato: “abbiamo aperto la discarica di Rossano”, risultato conseguito con un rossanese che era sub-commissario, dirigente vicario e presidente del nucleo via. Ovviamente, da rossanese, nulla da rimproverargli, evidentemente era tutto in regola. Non solo. Quando il Comune di Rossano e la Regione Calabria (entrambi di centrosinistra) firmarono il famoso protocollo d’intesa che ha permesso di scaricare nella discarica di Rossano i rifiuti dell’intera regione, lo stesso protocollo che Forza Italia ha criticato ferocemente e continua giustamente a criticare, Graziano era ancora il massimo dirigente del dipartimento, ma anche in questo caso, di certo, si sarà accertato che fosse tutto a posto. Quella discarica è tutt’ora sotto sequestro per disastro ambientale mentre i dirigenti di Forza Italia soffrono di gravi amnesie.

Dopo pochi anni, infatti, un cambiamento c’è stato davvero: a pochi mesi dalle elezioni regionali sia Diego Tommasi che Giuseppe Graziano hanno aderito a Forza Italia, quest’ultimo candidandosi persino a consigliere regionale. E proprio nel corso di questa radiosa campagna elettorale sono stati entrambi appassionatamente rinviati a giudizio per l’inchiesta sugli incarichi nell’Arpacal, cioè l’agenzia di protezione ambientale che dovrebbe vigilare, ovviamente, su discariche, impianti, depuratori eccetera.

Dopo tutto questo, leggere un messaggio elettorale in cui si parla di cambiamento, devo ammettere, è comico. Io sono d’accordo con Graziano, ci vuole il coraggio di cambiare davvero, magari a partire proprio da lui.

Flavio Stasi


Dopo 60 giorni di immobilità totale il Sindaco incontra il comitato.

14 Ottobre 2014.

Dopo 60 giorni di immobilità totale il Sindaco incontra il comitato.

urlEra il 26 Agosto quando ho denunciato pubblicamente la presenza non di una tonnellata, non di un cassonetto, ma di 60 mila metri cubi di rifiuti di origine sconosciuta, non autorizzati, nella discarica pubblica di Bucita, sito già posto sotto sequestro per altre ragioni (disastro ambientale). L’ho denunciato carte alla mano.

In tutto questo tempo non ho fatto altro che chiedere, pubblicamente ed alla luce del sole, degli interventi politici ed istituzionali immediati, urgentissimi, indilazionabili per impedire che la presenza di questi rifiuti continui ad inquinare la terra su cui camminiamo e coltiviamo, l’acqua che beviamo ed in cui facciamo il bagno, per salvaguardare la salute delle comunità dell’intero territorio anche alla luce della inspiegabile escalation di malattie su cui nessuno (quasi) proferisce una parola.

Per sessanta giorni la classe dirigente di questo territorio, oltre alle istituzioni regionali e nazionali, è rimasta immobile, probabilmente troppo impegnata in trattative sottobanco per elezioni provinciali e regionali.

Domani (15 ottobre) il Sindaco, dopo una richiesta di incontro formale, dopo ripetute richieste pubbliche, dopo una raccolta firme nelle contrade vicino alla discarica per rafforzare la richiesta, ha deciso di incontrare il comitato di Bucita di cui mi onoro di far parte.

Come sempre alla luce del sole e senza nessun tatticismo, nel rallegrarmi del fatto che il primo cittadino abbia deciso finalmente di discutere di questo argomento, trovo corretto e doveroso informare i cittadini del fatto che mi recherò all’incontro, insieme ad altri membri del Comitato più autorevoli di me, con spirito costruttivo e aperto alla massima collaborazione (come già fatto in passato) pur di ottenere interventi tesi alla risoluzione del problema ed alla salvaguardia della salute pubblica seppure, in tutta onestà, trovo l’immobilità istituzionale registrata a tutti i livelli, su una vicenda grave delicata come questa, semplicemente stomachevole.

Flavio Stasi


Elezioni di secondo grado e fregature di primo.

abolizione-province_bigIn molti si staranno chiedendo: ma le province non le avevano abolite? Ed invece i giornali sono pieni di titoli su accordi, candidature, trattative, colpi di scena. Ecco che si rivela la farsa del primo organo costituzionale in teorica via d’estinzione, l’istituzione “intermedia” tra gli impotenti comuni e le imponenti regioni.

Per mesi abbiamo sentito fare campagna elettorale con “aboliremo questo, elimineremo quest’altro”, e noi sotto i palchi come scimpanzé ammaestrati ad applaudire con entusiasmo, evidentemente senza capirci un granché. Ecco ora, sotto i nostri occhi, il prezzo altissimo del populismo, partitico e movimentista, che abbiamo fagocitato e rigurgitato per le piazze ed i social network.

Le funzioni delle cosiddette “nuove” province non sono affatto diminuite: restano le strade provinciali (130 mila chilometri), la pianificazione territoriale, la tutela ambientale, la pianificazione ed il controllo dei trasporti, l’edilizia scolastica. Addirittura, visto il mancato accordo tra Regioni e Governo sulla ridistribuzione definitiva di poteri e funzioni, ogni singola regione potrà attribuire alle province funzioni ulteriori e tutte queste responsabilità, ovviamente, si trasformano, come è giusto che sia, in voci di bilancio, cioè soldi nostri.

Si tratta di servizi essenziali per cui, per quanto mi riguarda, lo stato spende anche troppo poco, ma la domanda è: allora che cosa è cambiato tra le vecchie province e queste nuove?
Esattamente come per le proposte di abolizione del senato, di dimezzamento dei parlamentari e di taglio dei consiglieri regionali, ci hanno fatto credere che si trattasse di misure per risparmiare, per colpire gli sprechi e diminuire i privilegi. Ed invece l’unica ragione di piduistica memoria che si cela dietro queste farse è: la diminuzione del potere dei cittadini, conseguenza inevitabile di ogni abolizione di un organo elettivo.

Quelle delle province si chiamano elezioni di secondo grado, cosa significa? Che il consiglio provinciale prima lo eleggevano i cittadini, ora lo eleggono consiglieri comunali ed i sindaci. Certo, presidenti e consiglieri provinciali non avranno più l’indennità di prima e saranno in tutto, tra province e città metropolitane, circa la metà, ma ciò che conta davvero è che gestiranno la stessa poderosa quantità di soldi e di potere, forse anche di più.
L’abolizione di qualsiasi organo elettivo, dal Senato alla circoscrizione cittadina, non ha nulla a che vedere con gli sprechi ed i privilegi, al contrario: verticalizza l’organizzazione dello Stato, limita ulteriormente gli spazi di manovra democratica e diminuisce il controllo dei cittadini.

Mica è astrologia, è aritmetica: se votassero tutti gli italiani, per eleggere un parlamentare ci vorrebbero circa 60 mila voti, se dimezzassimo il numero dei parlamentari ce ne vorrebbero il doppio. Si possono fare tutti i ragionamenti filosofici di questo mondo sulla efficienza delle camere o sulla velocità di approvazione delle leggi, ma questi sono dati inconfutabili e, per smentire definitivamente i piagnistei sulle presunte difficoltà causate dagli equilibri istituzionali, ricordo che questa becera classe dirigente ha dimostrato di saper raggiungere vette di efficienza e velocità da record ogni qual volta c’erano da approvare salassi, tasse e finanziarie di lacrime e sangue.

Il punto è un altro, è quello della rappresentanza, del rapporto tra elettore ed eletto, ed è lo stesso principio che viene stracciato dalla legge Del(i)Rio sulla cosiddetta abolizione delle province: se aboliamo la provincia, le sue funzioni inevitabilmente comunque restano, ma evidentemente chi le gestirà non sarà più eletto da noi.
Ebbene, si possono colpire realmente gli sprechi, i privilegi ed i costi istituzionali senza diminuire ulteriormente il già ridicolo livello di democrazia del nostro paese, quindi senza abolire organi elettivi? Scusate, ci vuole tanto a decimare, non solo dimezzare, gli stipendi, i rimborsi, gli sconti, i servizi at personam e tutto il resto delle spese avulse da ogni utilità sociale e culturale causate non dalla politica in sé, ma da una classe dirigente incancrenita e pestilenziale a tutti i livelli? Ci vuole tanto a capire che diminuire il potere di ogni singolo cittadino, per esempio con questo tipo di abolizioni o con l’incessante proposizione di leggi elettorali maggioritarie, aumenta gli sprechi perché rafforza il legame ormai cementato tra le poltrone ed i flaccidi sederi di chi ci si è già seduto?

Non me ne vogliano i candidati, ma questa è la tornata elettorale più ridicola dalla fine della seconda guerra mondiale, ampiamente peggiore degli spettacoli raccapriccianti della prima repubblica: ci serva da lezione per distinguere il nostro diritto di eleggere dei rappresentanti dal dovere dei rappresentanti di esserne degni, per capire che i centri decisionali devono essere avvicinati ai cittadini e non spostati, per esempio, dai palazzi provinciali a quelli oscuri e faraonici delle regioni, dalle camere statali agli uffici irraggiungibili di Berlino e Bruxelles. Volete riformare davvero il titolo quinto della costituzione? Abolite le regioni, il vero buco nero della macchina pubblica italiana, e trasferite tutti i poteri alle province o meglio ancora a degli ambiti territoriali ristretti, tagliate i privilegi e la distanza tra cittadini ed istituzioni, ed allora, forse, qualcosa in più funzionerà.

Flavio Stasi


Su Bucita l’Amministrazione è in stato confusionale. Servono interventi istituzionali.

11 Settembre 2014 _ Nota Stampa

IMG_20140203_131951Nel ringraziare il sindaco della Città di Rossano per la risposta al mio appello, segnalo però la profonda confusione, ancora una volta, all’interno dell’amministrazione comunale per ciò che riguarda Bucita, una confusione che, per altro, si conclude fondamentalmente in un atteggiamento da Ponzio Pilato: ci pensi la procura, noi ce ne laviamo le mani.

Smentisco categoricamente quanto affermato dal Sindaco: su Bucita ci sono novità e allarmanti.
La presenza di almeno 60 mila metri cubi di rifiuti non autorizzati è stata certificata involontariamente e goffamente da documenti ufficiali della Regione Calabria, circostanza su cui non è stato depositato alcun esposto e che sto provando ripetutamente a segnalare a quella che dovrebbe essere l’istituzione che vigila sulle condizioni sanitarie della comunità.
Ma cosa c’entrano i processi con l’analisi del territorio, la messa in sicurezza e la bonifica dei siti?
Quelli che fanno confusione tra sceriffi, istituzioni e società civile solitamente sono altri, non di certo io che invece ho chiesto e torno a chiedere a gran voce, in virtù di dati inconfutabili che possono soltanto essere convertiti in peggio dalla realtà, azioni istituzionali e politiche per la salvaguardia immediata, urgente e definitiva della salute pubblica. Il Sindaco di Rossano ritiene che una quantità spropositata di rifiuti spuntati inspiegabilmente sul suo territorio sia un pericolo o no?
Se è vero che, proprio per le deficienze della classe dirigente, molto spesso le Procure si sostituiscono al potere politico, è anche vero che i cittadini calabresi non hanno eletto magistrati, bensì sindaci, consiglieri comunali e regionali, a loro è deputata la salvaguardia ambientale, sanitaria e l’assunzione di provvedimenti tesi alla messa in sicurezza dei territori.
Questa di Bucita è una storia che va avanti da troppo tempo, è giunto il momento di assumersi le proprie responsabilità ed andare a fondo dando risposte ai cittadini, chi non se la sente dovrebbe farsi da parte.

Flavio Stasi
REFERENTE REGIONALE LEGGE RIFIUTI ZERO – CALABRIA


Il terzo scandalo di Bucita.

Almeno 60 mila metri cubi di rifiuti abusivi in discarica, può esserci di tutto.

IMG_20140203_131951Leggere i documenti istituzionali che trattano l’argomento rifiuti in Calabria significa avere un quadro esatto della statura della classe dirigente del nostro territorio, una statura iper-nanica. Soprattutto, purtroppo, per chi ha preso a cuore la salute delle comunità imparando a comprendere il significato di quei documenti, significa scoprire uno scandalo dopo l’altro, un continuo attentato al nostro territorio perpetrato nel massimo silenzio.
L’ultima volta, con il bando per l’esportazione di rifiuti all’estero che avrebbe portato 750 tonnellate di rifiuti al giorno a Rossano, sono riuscito a sollevare lo scandalo in tempo: quando nessuno ci credeva, la gente della sibaritide è riuscita a far ritirare quel bando scandaloso. Questa volta non posso fare altro che informare e chiedere interventi immediati a tutti i livelli.

Nella discarica pubblica di Bucita sono stati abbancati senza alcuna autorizzazione, senza alcun controllo, senza alcun riscontro documentale, almeno 60,000 metri cubi di rifiuti la cui composizione è totalmente ignota e gravemente sospetta.

Il calcolo è semplice: un riscontro topografico ha rilevato nella discarica di Bucita circa 318mila metri cubi di rifiuti nel dicembre 2013, mentre nell’ottobre 2012 con le stesse strumentazioni ne erano stati rilevati circa 330mila metri cubi. Significa che i rifiuti in quella discarica subiscono una perdita di volume di circa 12mila metri cubi l’anno. Essendo stata posta sotto sequestro dalla Procura della Repubblica il 15 Dicembre 2010, possiamo affermare che appena prima del sequestro in discarica erano stati già abbancati almeno 354mila metri cubi di rifiuti. Peccato che in quella discarica è stato autorizzato l’abbanco di “soli” 295mila metri cubi di rifiuti.

Da dove sono usciti gli altri 60 mila metri cubi di monnezza? Chi li scaricati, da dove provenivano, di cosa si trattava?

Questa triste e clamorosa scoperta si aggiunge alle inchieste degli scorsi mesi della Procura di Reggio Calabria che ha portato alla luce un giro di falsificazioni sulla natura dei rifiuti che finivano nelle discariche del territorio calabrese comprese quelle di Bucita. Si tratta di un semplice meccanismo con cui dei rifiuti pericolosi, che quindi richiedono trattamenti delicatissimi e costosi per preservare la salute pubblica, tramite carte false venivano “convertiti” in rifiuti non pericolosi, che quindi potevano essere comodamente abbandonati in discariche come quelle di Rossano. Tutto questo crea ancora più sospetti sulla natura di quei 60mila metri cubi ignoti, abusivi, illegali.
Ora basta, la misura era già colma ed ora sta letteralmente straripando: la questione rifiuti non deve essere più considerata soltanto una questione di cattiva amministrazione. Qui si rischia di aver contribuito direttamente al peggioramento inspiegabile della salute dei cittadini, una eventualità gravissima che deve essere esclusa (speriamo) o accuratamente accertata.
Il Comitato in Difesa di Bucita aveva ripetutamente chiesto, in passato, che si verificassero i materiali abbancati in quella discarica, avanzando pubblicamente sospetti ancor prima delle inchieste della Procura, sospetti scaturiti dalle condizioni sanitarie preoccupanti dell’intero territorio e di quelle contrade.
Nella qualità di cittadino di questo territorio pretendo che le istituzioni competenti avviino immediatamente l’analisi approfondita, ripetuta ed a tappeto dei bacini di abbanco delle discariche di Bucita, dei terreni circostanti e delle falde acquifere senza più se, ma, però. Non appena effettuata l’analisi bisogna immediatamente avviare l’opportuna bonifica ed adottare le massime misure di prevenzione per la sicurezza dei cittadini, chi di dovere trovi fin da ora i soldi per questo processo a partire proprio dalla Regione Calabria.
Infine, seppur di minore importanza rispetto alla salute delle comunità, si individuino finalmente i responsabili di questi scempi, a partire dai funzionari regionali e dagli pseudo-amministratori che in questi anni hanno fatto del settore rifiuti della Calabria il più losco e spietato business del mezzogiorno, infangando profondamente il decoro delle istituzioni ed ammalando lentamente interi territori.
Oltre alla cittadinanza, informerò immediatamente di quanto sta accadendo, mediante apposita relazione, la Prefettura di Cosenza e le Procure della Repubblica di Castrovillari e Reggio Calabria, sperando che prendano seriamente in esame la gravità della situazione e le misure da adottare al riguardo.

Flavio Stasi
Referente Regionale Legge Rifiuti Zero