A Rossano costa piu un garage di un palazzo dello sport

comuneNel momento di grave crisi economica che sta attraversando il paese, una crisi che riguarda da vicino la nostra città colpita da gravi spoliazioni che ne hanno fiaccato ulteriormente il tessuto economico (si pensi ai tagli alla ferrovia o alla chiusura del tribunale), le amministrazioni locali dovrebbero agire per attenuare i disagi per la comunità, con particolare riferimento alle attività produttive, e rilanciare l’economia locale.

Per questo motivo trovo beffardo e indecente l’affidamento, le modalità ed il canone pattuito per il Palazzo dello Sport di via Candiano.
Già nel 2011 il palazzetto era stato affidato ad un’impresa per undici mila euro l’anno, meno di mille euro al mese, nonostante si tratti di una enorme struttura polifunzionale con palestra, rettangolo di gioco, spogliatoi, zone riservate e spalti da 900 posti. La durata dell’affidamento era di 5 anni.

In queste settimane il palazzetto è stato riaffidato alla stessa impresa per 12.500 euro l’anno, quindi mille euro al mese più spicci, e per di più con una durata di dieci anni, cioè per tutto l’arco di tempo in cui la Provincia di Cosenza ha affidato l’impianto al Comune di Rossano (15 anni). Non si mai che qualcuno cambi idea tra 5 anni.

Fa un po ridere (di rabbia) e risulta ancora indecente il fatto che nella relativa determina dirigenziale sia scritto che l’affidamento del palasport “non comporta alcun onere per l’ente”, anzi, che si tratta di una entrata. Insomma, quasi quasi ci tocca ringraziare l’affidatario.

Il palazzo dello sport, al contrario, è costato ai contribuenti 4 milioni di euro suonati e dovrebbe essere messo a disposizione della collettività oppure fruttare alla collettività il giusto ricavo da reinvestire in servizi.

Invece un’opera pubblica enorme e di rilevanza storica per Rossano viene affidata, per mille euro al mese, ad un privato, il quale tra attività dirette e indirette guadagnerà, legittimamente, un bel po di denaro con una struttura pagata dai cittadini. Nel frattempo un commerciante qualsiasi della città paga la stessa cifra per l’affitto di un magazzino di 40 metri quadrati con cui tentare di tirare a campare!

Il tutto, ovviamente, nel più totale silenzio di quei 4 o 5 verginelli che si affacciano alla prossima campagna elettorale travestiti miseramente da “uomini del cambiamento”. Quello stesso silenzio assordante, del resto, che ha circondato tutte le patate bollenti di questi anni, dalla questione rifiuti all’edilizia sociale, dall’appalto del mega-depuratore alla mancata trasparenza. Per il cambiamento, necessario alla nostra città, servono coerenza e coraggio, non le chiacchiere o le minestre riscaldate.

Questo è il modo di gestire la cosa pubblica proprio della classe dirigente degli ultimi 30 anni, quello stesso modo che rappresenta una delle ragioni per cui la nostra città sta sprofondando in una crisi probabilmente inedita. Un modo di gestire la cosa pubblica che deve essere improrogabilmente e drasticamente interrotto per il bene del nostro territorio.

È necessario ripartire da una pubblica amministrazione che gestisca le risorse pubbliche con più accortezza e parsimonia di come si gestiscono le risorse personali dal momento che, soprattutto con la crisi odierna, amministrare significa assumersi responsabilità enormi nei confronti della comunità. Le risorse pubbliche, a partire da edifici e strutture, devono essere gestite nell’interesse dei cittadini, quindi fruttare servizi e proventi per la comunità: solo così le istituzioni torneranno ad ottenere la fiducia della nostra popolazione oggi, giustamente, tanto diffidente e distaccata.

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