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Sala Convegni ITI Rossano, convegno “L’energia del Sud”

enerSudRelatori autorevolissimi ci aiuteranno a formulare una proposta per il sito produttivo Enel che possa tutelare lavoro, salute ed economia della Sibaritide.


In difesa dell’agricoltura: Incontro con il prefetto

discaricaTornato dopo “incontro” con Prefetto sulla infinita vicenda della discarica di Scalacoeli. Tra rimpalli di responsabilità e errori macroscopici, mi chiedo quando la politica prenderà una posizione seria sulle discariche e sull’agricoltura di qualità in Calabria, smettendola di farci girare tutta la regione per far rispettare legalità e diritti delle comunità.


Riorganizzazione dei reparti ospedalieri o della politica?

ospedaleSeppur non c’è mai fine al peggio, ritengo che debba esserci stato qualche errore nelle dichiarazioni del Commissario alla Sanità Massimo Scura, sul reparto di ostetricia-ginecologia. Qualche illuminato, rispetto a questo argomento, ne fa una questione di luogo di nascita, di codice fiscale insomma: del resto se questo territorio è ridotto all’osso, probabilmente è perché veniamo amministrati da gente di questo tipo. Ritengo che i figli dei coriglianesi, dei rossanesi, dei cariatesi e così via nasceranno tutti a Cosenza o Policoro se il reparto che dovrebbe ospitare le nascite risultasse inadeguato.

Già lo stato del reparto oggi non è accettabile, con lettini ammassati sui muri; navette che fanno avanti ed indietro dal centro trasfusionale di Rossano, a volte persino impegnando i mezzi del 118; corse al porto per l’elisoccorso eccetera. In tutto questo sembrava avere senso la divisione fra reparti medici e reparti chirurgici tra gli ospedali di Corigliano e Rossano, una iniziativa probabilmente utile per limitare (sottolineo soltanto limitare) i disservizi causati dallo sciagurato accorpamento firmato Scopelliti-Caputo. Ecco perché non credo ci sia bisogno della laurea in medicina per comprendere come sia davvero grottesca, e di certo impraticabile, l’idea del commissario Scura di trasferire le chirurgie a Rossano lasciando ostetricia-ginecologia a Corigliano. Significherebbe continuare ad avere un reparto chirurgico da circa 1000 parti all’anno senza sala rianimazione, senza centro trasfusionale, con un elisoccorso dall’altra parte della città e così via, senza alcuna sicurezza tanto per i pazienti quanto per il personale: il commissario si assume la responsabilità di tutto questo? Ma non si tratta di una soluzione soltanto distante da ogni minimo standard sanitario, ma persino profondamente antieconomica: basti pensare ai mezzi che fanno avanti ed indietro per le provette. Le cose sono due: o Scura si è sbagliato, o siamo ancora una volta di fronte a soluzioni balorde e raffazzonate basate non sulla qualità (o la decenza) del servizio ma su miseri compromessi pseudopolitici distanti dagli interessi di tutte le comunità, il che dimostrerebbe ancora una volta l’inutilità ormai conclamata del commissariamento alla sanità. Il commissario deve a tutta la sibaritide delle spiegazioni. Contestualmente mi auguro che la classe dirigente del territorio metta da parte i beceri campanilismi che l’hanno vista perdente su ogni fronte, dai rifiuti alla sanità passando per i trasporti e la giustizia, e cominci ad agire per il bene delle comunità.


Lavoro: Solidale con i lavoratori dell’indotto Enel. Ho una proposta per il rilancio del sito

DSCF0705_La questione del Lavoro è una questione di dignità che non può prestarsi ad alcuna interpretazione o speculazione, a maggior ragione nel nostro territorio laddove la mancanza di lavoro è una vera e propria emergenza. Esprimo vicinanza incondizionata ai lavoratori dell’indotto Enel che questa mattina hanno deciso di salire su una delle ciminiere della centrale per difendere il proprio posto di lavoro, cioè il proprio sostentamento e dignità.

Ritengo che l’azienda, alla luce dei lunghissimi anni di attività del sito di Rossano, debba trovare delle soluzioni immediate per mantenere a pieno regime l’intero organico dell’indotto in attesa di definire il futuro della centrale di Sant’Irene.

A tal proposito, ritenendo necessaria la massima serietà sulla vicenda, sforzandomi – per il bene del territorio – di ignorare le idee strampalate che ogni tanto si leggono sulla stampa, come già anticipato qualche mese fa, annuncio che è pronta una proposta seria per il rilancio del sito che tiene conto delle esigenze del lavoro, ma anche del territorio e dell’Azienda. Una proposta su cui è necessario, e mi auguro, che si unisca l’intero territorio, le categorie, le associazioni e le istituzioni. La proposta verrà presentata nel mese di Ottobre, verrà quindi posta all’attenzione della cittadinanza per avviare, finalmente, una discussione seria fatta di proposte concrete e realizzabili, senza posizioni prestabilite e pregiudiziali, che spinga l’azienda a tornare ad investire nel mezzogiorno e nel nostro territorio: su questa prospettiva ritengo non siano ammissibili divisioni ideologiche o di schieramento.


Sull’Enel il confronto si faccia coi contenuti, non coi pellegrinaggi.

Ed eccoci qui, puntualissimi, ogni cinque anni a commentare proposte più o meno concrete, rigorosamente strampalate, sul “futuro” della centrale Enel. Questa volta la miccia si è accesa grazie ad un’iniziativa della maggioranza comunale la quale, non avendo la più pallida idea di cosa fare, ha ben pensato di iniziare una serie di pellegrinaggi lungoi santuari pseudo-industriali d’Italia. Il punto di partenza è stato quello che Antoniotti e compagni hanno chiamato, con audace sfoggio di tecnica, centrale a letto fluido di Manfredonia, proprietà Marcegaglia. Signore e signori, nel 2015, un inceneritore.

Se qualcuno volesse speculare politicamente sulla questione, non dovrebbe far altro che lasciar fare l’amministrazione mentre colleziona l’ennesimo suicidio politico dopo il tribunale, gli ospedali, i treni, i depuratori, i rifiuti eccetera eccetera. Purtroppo, però, i disastri di questa classe non-dirigente si riversano sistematicamente sulle schiene dei cittadini calabresi per cui, prima che ciò avvenga, è bene diradare un po della confusione prodotta da questi brillanti amministratori.

Intanto qualche precisazione di contorno: se è vero che Bucita è diventata una cloaca grazie ad un indifendibile centrosinistra, è altrettanto vero che quando tutto ciò accadde il forzista Giuseppe Graziano, oggi consigliere regionale, era sub-commissario, direttore generale e presidente del nucleo via, eppure Caputo ed Antoniotti lanciano petali di rosa sul suo cammino ogni qualvolta se ne presenta l’occasione: problemi di memoria? Così come è vero che oggi questa amministrazione è stata messa nelle condizioni di intervenire in quella discarica grazie alla scoperta di 60 mila metri cubi di rifiuti abusivi e di natura sconosciuta, quindi ad un probabile traffico illecito di rifiuti, eppure resta immobile, con le mani in mano. Non solo.

Se è vero che l’amministrazione Filareto si limitò al “no” al carbone, è altrettanto vero che Antoniotti non mi sembra sia stato eletto l’altro ieri, e fare dei pellegrinaggi un anno prima delle elezioni amministrative per accalappiare maldestramente qualche voto è quasi peggio di non fare nulla.

Passando al nocciolo della questione, l’idea accarezzata da questi pionieri dell’impreparazione non solo non conviene dal punto di vista ambientale e sanitario, ma è persino sconveniente dal punto di vista economico e, di fatto, irrealizzabile. Forse qualcuno pensa a questi impianti come dei grossi caminetti dove gettare direttamente la busta di rifiuti lasciata nel cassonetto, e lì la monnezza dovrebbe sparire d’incanto: non è così.

Per far funzionare queste fabbriche di tumori c’è bisogno di impianti di trattamento efficaci che trasformino i rifiuti in combustibile, isolando tutto ciò che è riutilizzabile o con basso potere calorifero. Noi abbiamo di questi impianti? No. L’Istituto Superiore di Protezione Ambientale, infatti, documenta che i nostri impianti non sono in grado di produrre combustibile a norma, che quindi il “prodotto” (monnezza tritata) va quasi tutto in discarica e di conseguenza l’unico inceneritore della Calabria, quello di Gioia Tauro, per funzionare deve importare monnezza da altre regioni, non so se vi rendete conto dell’assurdità. Chiusa la questione tecnica, passiamo a quella economica: è ormai riconosciuto che questi impianti, chiamati “valorizzatori” solo in Italia, hanno un bilancio energetico negativo, cioè consumano più energia di quella che producono. Il trucco è che l’energia consumata la pagano i cittadini tramite tasse e altri escamotage (date un’occhiata alla vostra bolletta cercando la voce CIP6) mentre quella venduta, cioè i profitti, li becca l’azienda proprietaria dell’impianto che, quindi, diventa competitivo…coi soldi nostri. Questa sarebbe la valorizzazione.

Inoltre, i rifiuti gettati in questi impianti si volatilizzano? Certo che no, si trasformano, oltre che in energia sconveniente, in fumi e ceneri. Le ceneri, classificate rifiuti speciali, devono finire in meravigliose nefaste discariche, come se ne avessimo poche, mentre i fumi e le polveri sottili vanno ad aumentare la fila nei reparti di oncologia del territorio, i quali già sono tutt’altro che deserti. Ed il conto dell’impatto sanitario chi lo paga? Noi, come sempre, con la vita ed il portafogli.

Per cui se dibattito si vuol instaurare, ben venga, ma sui contenuti, non coi pic-nic.

È bene che si sappia che la società civile del territorio sta preparando da qualche tempo una proposta reale, concreta, tecnicamente avanzata ed economicamente conveniente per il futuro del sito di Sant’Irene, che non solo salvaguarderà e creerà posti di lavoro, ma sosterrà realmente lo sviluppo e sarà totalmente sostenibile, rispettando le vocazioni del territorio. Una prospettiva in cui coinvolgere ogni forza sociale della sibaritide, dalle associazioni ambientaliste alle forze sindacali passando per gli operatori turistici, per pretendere unitariamente, da parte di Governo e Azienda, una volta per tutte, il rispetto della volontà delle nostre comunità. Ecco perché soltanto accennare delle proposte indecenti come quella di un impianto di incenerimento rappresenta, oltre che una patetica baggianata, un atto totalmente irresponsabile e tutt’altro che costruttivo, che rispecchia la mediocrità di questa classe dirigente e non fa altro che dividere ed indebolire il nostro territorio.

Flavio Stasi


In Calabria è in atto un democidio

donna-imbavagliataLa condizione del servizio sanitario in Calabria, a seguito del cosiddetto piano di rientro messo a punto ed attuato dai governi nazionali e regionali attraverso l’apposito Ufficio del Commissariamento, rappresenta senza timore di smentita un crimine nei confronti dell’umanità determinando la sistematica negazione, nei confronti di ogni singolo cittadino calabrese, del diritto alla salute, cioè di uno dei diritti fondamentali dell’uomo.

Quando si parla di salute non sono concesse mezze misure: aldilà di eroiche e sporadiche eccellenze individuali o strutturali, che pur ci sono non di certo per merito della classe dirigente, qualunque indagine o processo obiettivo sulla sanità calabrese non potrebbe fare a meno di rilevare come le politiche inadeguate siano continuamente causa di sofferenza e di morte.

Pertanto, tutti coloro che hanno proposto, ratificato o semplicemente non impedito, nella loro qualità di rappresentanti istituzionali o responsabili amministrativi, provvedimenti con i quali le istituzioni di ogni livello hanno dolosamente deciso di fronteggiare il disavanzo finanziario della sanità attraverso temporanei o definitivi interruzioni dei servizi sanitari, ridimensionamenti o accorpamenti delle strutture ospedaliere, diminuzione dell’offerta sanitaria ben al di sotto della soglia della dignità umana, sono responsabili di democidio.

Coloro che hanno il dovere morale e professionale di sorvegliare ed informare, continuando ad enfatizzare gli aspetti contabili della questione sanitaria calabrese ed ignorando il più grave ed importante aspetto sociale e civile, ne sono fiancheggiatori.

Non esiste nessuna condizione economica o geopolitica atta a giustificare un tale comportamento e le sue drammatiche conseguenze. Le brillanti democrazie moderne hanno dimostrato di essere capaci di rilevare e giudicare il democidio solo attraverso i libri di storia e dopo numerosi decenni. La nostra democrazia è forse più matura?

Nell’ordinamento italiano, seppure non è disciplinato il reato di democidio, si esplicita “chiunque compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal fatto deriva la morte di più persone, con l’ergastolo”. L’articolo è il 422 del codice penale, il reato è quello di strage.

Non capisco per quale ragione non si proceda in tal senso, non tanto per l’accertamento delle responsabilità, quanto per l’interruzione di questa perpetua condizione di spaventosa, agghiacciante ingiustizia.
Non capisco cosa possa avere un governo nazionale o continentale di più urgente da trattare, non capisco cosa possa essere più significativo nel dibattito pubblico.
Non capisco, infine, se a pensarla così da queste parti sia solo io: se così non fosse, credo sia giunto il momento di avere coraggio di dirlo.

Flavio Stasi