La condizione del servizio sanitario in Calabria, a seguito del cosiddetto piano di rientro messo a punto ed attuato dai governi nazionali e regionali attraverso l’apposito Ufficio del Commissariamento, rappresenta senza timore di smentita un crimine nei confronti dell’umanità determinando la sistematica negazione, nei confronti di ogni singolo cittadino calabrese, del diritto alla salute, cioè di uno dei diritti fondamentali dell’uomo.
Quando si parla di salute non sono concesse mezze misure: aldilà di eroiche e sporadiche eccellenze individuali o strutturali, che pur ci sono non di certo per merito della classe dirigente, qualunque indagine o processo obiettivo sulla sanità calabrese non potrebbe fare a meno di rilevare come le politiche inadeguate siano continuamente causa di sofferenza e di morte.
Pertanto, tutti coloro che hanno proposto, ratificato o semplicemente non impedito, nella loro qualità di rappresentanti istituzionali o responsabili amministrativi, provvedimenti con i quali le istituzioni di ogni livello hanno dolosamente deciso di fronteggiare il disavanzo finanziario della sanità attraverso temporanei o definitivi interruzioni dei servizi sanitari, ridimensionamenti o accorpamenti delle strutture ospedaliere, diminuzione dell’offerta sanitaria ben al di sotto della soglia della dignità umana, sono responsabili di democidio.
Coloro che hanno il dovere morale e professionale di sorvegliare ed informare, continuando ad enfatizzare gli aspetti contabili della questione sanitaria calabrese ed ignorando il più grave ed importante aspetto sociale e civile, ne sono fiancheggiatori.
Non esiste nessuna condizione economica o geopolitica atta a giustificare un tale comportamento e le sue drammatiche conseguenze. Le brillanti democrazie moderne hanno dimostrato di essere capaci di rilevare e giudicare il democidio solo attraverso i libri di storia e dopo numerosi decenni. La nostra democrazia è forse più matura?
Nell’ordinamento italiano, seppure non è disciplinato il reato di democidio, si esplicita “chiunque compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal fatto deriva la morte di più persone, con l’ergastolo”. L’articolo è il 422 del codice penale, il reato è quello di strage.
Non capisco per quale ragione non si proceda in tal senso, non tanto per l’accertamento delle responsabilità, quanto per l’interruzione di questa perpetua condizione di spaventosa, agghiacciante ingiustizia.
Non capisco cosa possa avere un governo nazionale o continentale di più urgente da trattare, non capisco cosa possa essere più significativo nel dibattito pubblico.
Non capisco, infine, se a pensarla così da queste parti sia solo io: se così non fosse, credo sia giunto il momento di avere coraggio di dirlo.
Flavio Stasi